Genova. Con la tecnica degli affidamenti diretti, ovvero commesse assegnate senza gara pubblica perché frazionate sotto l’importo di 40 mila euro, avrebbero gestito gli appalti al porto di Genova, favorendo aziende privilegiate.
Quello che era un sospetto trova ora una testimonianza e apre nuovi scenari per l’inchiesta avviata dalla procura di Genova su questa vicenda nel 2011. Secondo quanto riporta un quotidiano locale un testimone, che sarebbe un dipendete dell’Autorità portuale, avrebbe consegnato alla guardia di finanza una registrazione che proverebbe ‘il sistema’ messo in piedi.
In una registrazione si ascolta la frase: “Se mi mettono alle strette, io devo dirlo che anche i vertici sapevano e che non hanno fatto un c…”. Nell’inchiesta i reati ipotizzati erano truffa ai danni dello Stato e abuso d’ufficio e l’Ap guidata da Luigi Merlo si era costituita parte offesa.
Sotto inchiesta il capo del settore appalti, Andrea Pieracci, un geometra dell’Ap, Bruno Boetto e quattro imprenditori.
Tra le frasi registrate viene detto che “… il presidente fa il verginello”. Merlo, sentito dal quotidiano locale ha detto: “Mi limito a dire che questa inchiesta è nata due anni fa, che l’ Autorità
portuale si è costituita parte lesa, che già prima di questa indagine avevamo cominciato a modificare le procedure per per le assegnazioni dei lavori, come il magistrato ha avuto modo di verificare”.
Merlo definisce l’iniziativa di chi ha consegnato le registrazioni, fatte di nascosto alla direzione tecnica dell’Ap, “un attacco a orologeria, si vuole riaprire una stagione di veleni che in questo ente ha già fatto per vicende passate molti danni”.