Bogliasco. Da Luisito Suarez a Vialli e Mancini, fino alla storia recente di Pazzini e Cassano. E poi “c’era anche un centrale serbo che dicevano tirasse bene le punizioni”. Sinisa Mihajlovic torna a casa. “Per sei mesi alla Sampdoria ho rinunciato a due anni e mezzo di contratto con la mia Nazionale. Per me non è stato semplice lasciare il mio Paese”.
E’ il primo giorno sulla panchina della Samp, il primo di una lunga serie che si concluderà con un responso inappellabile: salvezza o retrocessione. E’ soprattutto il giorno dell’uomo che unisce il passato con il presente, accolto dai Mantovani e richiamato dai Garrone: “Ho accettato di venire qui anche per riconoscenza. Ho giocato qui per quattro stagioni, quando sono arrivato a Genova attraversavo un periodo difficile nella mia carriera. La Samp mi ha accolto, mi ha dato fiducia ed è proprio grazie a quelle stagioni che sono diventato quello che sono oggi”.
“Saprete forse – spiega Sinisa – che sono un appassionato di storia. Domani saranno 50 anni dalla morte di John Kennedy, da lui citerò tre frasi che voglio trasmettere alla squadra”. La prima bomba di Sinisa è tutta incentrata sulla voglia di riscatto. “Non chiedete cosa la Samp può fare per voi, ma cosa voi potete fare per la Samp. D’ora in poi basta pensare ai contratti, basta con i personalismi, basta guardare il mercato. Non c’è passato, non c’è futuro, c’è solo il presente. C’è solo una maglia da onorare. La Samp qualche volta è caduta, ma si è sempre rialzata. Noi siamo ancora in tempo per rimettere a posto le cose”.
“I vincenti trovano sempre una strada – continua Sinisa – i perdenti trovano sempre una scusa. Noi troveremo una strada per la salvezza”. Per chiudere con la famosa “Ich bin ein Berliner”. “Kennedy la pronunciò a Berlino, disse che era fiero di sentirsi un abitante di quella città. Io sono fiero di essere sampdoriano. Per questo sono tornato”.