Essere stranieri e under 18 a Genova: tra fragilità e crescita l’integrazione funziona

immigrazione bambino

Genova. I bambini e gli adolescenti immigrati a Genova sono integrati, hanno una buona coscienza del sé e autostima. Sono questi i risultati di una ricerca pilota commissionata dalla Ital Uil e svolta dall’Università di Genova presentata stamani.

I ricercatori hanno coinvolto un campione di 108 adolescenti e 74 bambini dell’istituto comprensivo di Pra’. (Adolescenti età compresa tra i 12 e i 20 anni di cui: maschi 47% – femmine 53% – età media 17,02 anni). Il 28 % dei giovani coinvolti sono nati in Sud America, il 38% in Italia, l’11% proviene dall’Africa, il 18% dall’Est Europa, il 4% dall’Asia e il 2% dall’Europa del nord.

Per quanto riguarda la propria etnia il 47% degli adolescenti si definisce sudamericano, il 22 % africano, il 20% est-europeo e solo il 3% italiano anche a fronte di un’elevata percentuale dei nati in Italia. Gli adolescenti riferiscono che il 76% delle madri è migrata in Italia da più di 10 anni, una buona parte di queste persone, ovvero il 19% da più di 20 anni. Tutti i ragazzi e le ragazze vanno a scuola. Una piccola percentuale, il 14%, studia e lavora (muratore o operaio).

La maggior parte dei ragazzi, il 46%, frequenta un istituto tecnico, il 23% un istituto professionale, il 26% il liceo e il 6% un centro di educazione al lavoro. Il 65% dei giovani non è mai stato bocciato, il 35% si. Il 43% ha buoni risultati scolastici, il 43% sufficienti, il 6% ottimi, l’8% insufficienti. La maggior parte dei padri è un operaio o un muratore (44%). Le madri svolgono il mestiere di badante (60%). Il campione di adolescenti esaminato non sembra riportare forme di malessere e disadattamento significative. Le femmine riportano una minor soddisfazione per il proprio corpo e maggiori sintomi d’ansia rispetto ai coetanei maschi.

Ma c’è un sostanziale buon adattamento. La discriminazione percepita influisce negativamente sul benessere e l’inserimento all’interno della società ospitante, risultato confermato da numerose ricerche. E’ dimostrato come la discriminazione percepita influisca negativamente sul benessere e l’inserimento all’interno della società ospitante ed è correlata ad un aumento di sintomi psicopatologici caratteristici dell’età adolescenziale. Il mantenimento della propria cultura è correlato negativamente all’insoddisfazione del proprio sé corporeo. Risultato che conferma ancora una volta il ruolo della cultura e della comunità nel plasmare l’immagine che prende forma nelle rappresentazioni che abbiamo di noi stessi e che gli altri hanno di noi. L’identità etnica è una componente importante del sé che si sviluppa e ricerca in adolescenza ed è associata al mantenimento dell’autostima particolarmente fragile nel percorso di socializzazione verso una nuova cultura. Sono in particolare gli adolescenti di origine immigrata a ricercare le proprie origini e ad affermare la propria appartenenza ad un gruppo etnico. E sono proprio le femmine ad essere maggiormente interessate alla ricerca dell’identità etnica e al mantenimento delle proprie origini culturali.

I bambini che hanno partecipato allo studio sono 74 (51% maschi – 49% femmine). La loro età è compresa tra i 5 e i 12 anni. Il 73% dei partecipanti è nato in Italia, tuttavia la maggioranza, il 47%, si definisce di etnia sudamericana. Seguono in ordine di prevalenza: Africa Centrale, e del Sud (19,1%), Est Europa (14;7), NORD Africa (10,3), Asia (5,9%) e Italia (2,9%). Questi bambini riportano risultati scolastici medio-alti (46% buono – 35 ottimo %). La maggior parte dei genitori svolge, attualmente, la professione di badante (56,2%), seguono libera professione (16,4%), muratore-operaio (11%), impiegato (6,80%) e sanità (1,4%). Il restante 8,2% è disoccupato. In patria la maggioranza delle persone intervistate era disoccupata (39;/%). Il 22,1 % dei soggetti svolgeva libera professione, il 22,1% il lavoro di badante, il 5,9% impiegato nella sanità, 5,9% muratore-operaio e il 2,9% lavorava nelle forze dell’ordine.

Molti bambini hanno partecipato allo studio con buoni livelli di autostima sia per quanto riguarda l’ambito scolastico e delle relazioni tra pari, sia per quanto concerne le relazioni con i familiari e il rapporto con il proprio corpo. Dal questionario compilato dai genitori si evince che i bambini godono complessivamente di un buono stato di salute e benessere psichico. Non vi è una tendenza al mal adattamento. Le rappresentazioni riportate dal test del disegno della famiglia forniscono un’immagine positiva delle condizioni di vita del bambino.

La madre si conferma la figura che ottiene maggior valorizzazione. I padri sono meno reattivi e meno coinvolti nei compiti genitoriali rispetto alle madri. I bambini hanno disegnato prima i genitori e poi se stessi: le figure genitoriali sono modelli identificatori. Le femmine tendono a valorizzare maggiormente le figure femminili.

La docente di psicologia sociale Laura Migliorini, che ha partecipato alla presentazione della ricerca nella sede della Uil, ha sottolineato che occorre ”fare un lavoro nelle scuole per scoprire le radici. Anche se i ragazzi e i bambini sono integrati sarà necessario lavorare sulla riscoperta delle loro
origini e tradizioni, perché per loro non soltanto sono importanti il futuro e il presente ma anche il passato”.

Nei prossimi mesi sarà eseguito un questionario agli studenti italiani su come vedono i loro compagni di origine straniera. Lo studio sarà presentato il prossimo 29 novembre a un convegno all’università.

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