Cronaca

Donne, l’altra faccia della violenza: Genova capofila, attività di supporto anche per gli uomini

Genova. Su 1400 abusanti, circa 1300 sono familiari. Anche a Genova i dati del centro antiviolenza Mascherona riferiti agli ultimi 5 anni fotografano l’avanzare, incessante, del fenomeno.
La violenza sulle donne, non va dimenticato, è trasversale: il carnefice può essere un povero, uno studente universitario così come un uomo abbiente, e le vittime hanno spesso le stesse caratteristiche.

Il centro antiviolenza genovese, dalle sue origini, ha accolto una media di 300 persone all’anno. Negli scorsi anni proprio nel timore che il centro chiudesse si era registrata una flessione, poi i numeri hanno ricominciato a salire: 37% di richieste in più rispetto alle 300. “Un numero molto grande – spiega Marta Guglielmi, dirigente della Provincia, ente promotore insieme al Comune della rete antiviolenza che unisce oltre 50 tra associazioni – maggiore violenza non dovuta alla crisi, ma frutto dell’emersione, il centro diventa più noto perché c’è più attenzione e riesce così ad aiutare le persone in difficoltà”.

Il target racconta di donne tra i 40 e i 45 anni, 43 anni l’età media generale, persone che hanno richiesto aiuto innanzitutto nella definizione del loro problema. “Molto spesso attivano un processo di recupero, che può essere un supporto psicologico, individuale o di gruppo, o anche legale”, aggiunge Guglielmi. Gli avvocati in questi casi sono tutte donne e fanno gratuito patrocinio.

Il centro antiviolenza, ora gestito dall’associazione il “Cerchio delle relazioni”, secondo in Italia, quest’anno ha dato vita a un nuovo progetto innovativo: l’attività di supporto per gli uomini violenti. L’altra faccia della violenza cioè è supportata per la prima volta a elaborare il cattivo comportamento. “Per ora sono molto pochi, meno di dieci – sottolinea Guglielmi – e non vengono mai autonomamente, solo in un caso, ma era un uomo che alzava solo la voce e non era violento”. In Italia però c’è un vuoto normativo, non c’è la possibilità di fare terapia, l’intervento può essere proposto ma non imposto. “E’ comunque un esperimento interessante, fa emergere l’altra parte: la violenza maschile che non riesce a trovare argomenti per gestire la relazione, l’abusante infatti ha una grossa problematica che non sa come affrontare, non si pone il problema né sa a chi rivolgersi, il centro offre questo servizio per cambiare l’altra metà della mela”.

Solo qualche anno la parola femminicidio non veniva considerata un termine della lingua italiana. Ora sì. “Significa che si anche nel nostro vivere quotidiano si è acquisita consapevolezza della gravità del problema e della necessità di interventi”, ha commentato l’assessore Elena Fiorini. Il Comune, così come gli altri enti, interviene attraverso servizi utili “per il benessere delle donne e miglioramento del loro ruolo sociale e familiare, base per una buona relazione”. “C’è poi una promozione di servizi legati all’emergenza, come il centro antiviolenza, il luogo a cui le persone si possono rivolgere – conclude Fiorini – I nostri servizi sono una sorta di antenna, a supporto donna”. Ma non solo. “Come Comune promuoveremo la prossima settimana progetti sull’uomo che compie violenza. Il senso è quello di dare modo di relazione migliore sia agli uomini, sia alle donne”.

Si chiama sussidiarietà: gli enti mettono organizzazioni e strutture, le associazioni idee energia e attività. “Con il mese di iniziative abbiamo creato un palinsesto molto importante che vede tutti i Comuni del territorio uniti. Con pochissima spesa abbiamo fatto qualcosa di grande impatto per la popolazione”.

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