Economia

Crisi, l’artigianato cambia pelle: salgono green economy e agroalimentare, a picco edilizia e autotrasporto

giancarlo grasso - confartigianato

Genova. La crisi cambia pelle alle piccole e medie imprese dell’artigianato. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio studi di Confartigianato, la recessione – che solo tra il secondo trimestre 2012 e 2013 ha prodotto un saldo tra chiusure e aperture di -1.845 imprese in Italia – ha inferto un duro colpo soprattutto ai settori più tradizionali, mentre ha promosso le imprese che hanno saputo intercettare le nuove tendenze di mercato.

A pagare il conto più salato alla crisi: edilizia, autotrasporto e le produzioni metalliche che, negli ultimi 4 anni, hanno perso complessivamente in Italia 84.885 imprese artigiane, con una diminuzione
del 7,6%.

Hanno dimostrato grande vivacità e una crescita complessiva a livello nazionale del 2% nell’ultimo anno le imprese che operano in settori più innovativi: la tutela dell’ambiente, la manutenzione degli impianti
industriali e l’alimentazione. “Con la crisi gli imprenditori, laddove era possibile, hanno fatto di necessità virtù – commenta Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria – la capacità di cogliere le nuove tendenze del mercato e le evoluzioni nei consumi è, oggi più che mai, una caratteristica irrinunciabile per le imprese, anche quelle di piccole e piccolissime dimensioni che, per la propria duttilità, possono adattarsi più velocemente ai cambi di scenario, se adeguatamente supportate nell’innovazione, in primis, attraverso l’accesso al credito”.

In Liguria, le imprese che operano nei settori driver dell’artigianato (green economy, riparazione macchinari soprattutto informatici e agroalimentare) costituiscono il 3,6% del totale delle aziende artigiane, pari a 6.100 attività. La fetta maggiore è costituita da attività connesse all’edilizia: operano 1.900 aziende nella manutenzione di aree verdi, pulizia di edifici e cura del paesaggio. Ma il settore “in” trainantel’artigianato della nostra regione è senza dubbio è la filiera costituito da 1.444 aziende di produzione-trasformazione e 1.640 attività di servizi di ristorazione.

“In Liguria abbiamo aziende “della tavola” che indubbiamente hanno saputo resistere alla crisi grazie all’elevato grado di qualità che offrono nei loro prodotti – spiega Grasso – basti pensare alle 119 imprese liguri trasformatrici di olio extravergine di oliva, un numero di presenze nel comparto tra i più elevati d’Italia. Tuttavia, a causa della crisi dei consumi interni, puntare sulla qualità e sull’eccellenza della tradizione può non bastare: per fare fronte al crollo della domanda interna, sono indispensabili misure e strumenti rivolti all’internazionalizzazione delle imprese affinché siano in grado di intercettare le previsioni di crescita nel 2014 dell’export del made in Italy”.

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