Liguria. Cala ancora il numero dei detenuti che lavorano nelle carceri liguri: erano 319 (circa il 17%) dei circa 1.800 ristretti presenti negli Istituti di pena alla data del 31 dicembre 2012, sono scesi a 289 (il 15% circa) il 30 giugno 2013, data dell’ultima rilevazione dell’Amministrazione penitenziaria. In aumento, invece, gli eventi critici che si verificano nelle celle liguri e che vedono coinvolti anche i poliziotti penitenziari.
“Cifre che certificano la sistematica violazione della Carta costituzionale, che vuole la pena finalizzata alla rieducazione del reo, e che attestano una volta di più le gravi criticità operative della Polizia Penitenziaria in servizio in Liguria, i cui Reparti sono carenti di circa 400 unità”, commenta Roberto Martinelli, Segretario Generale Aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE – il primo e più rappresentativo della Categoria.
“In teoria, il lavoro penitenziario dovrebbe essere l’elemento fondamentale del trattamento rieducativo e lo strumento privilegiato per il reinserimento sociale dei detenuti, ma la realtà dei fatti è che a lavorare in carcere sono pochi, per altro in attività necessarie per la gestione quotidiana dei penitenziari – pulizia, cucina, manutenzione – e per poche ore al giorno. In Liguria, in 7 istituti, lavorano complessivamente meno di 300 persone rispetto ai circa 1.800 detenuti presenti. Gli altri stanno in cella 20/22 ore al giorno e questo favorisce la tensione detentiva ed accentua le già critiche condizioni operative delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria, come confermano i dati sugli eventi critici che si sono verificati nelle carceri liguri nei primi sei mesi del 2013”.
Martinelli snocciola le cifre: “142 atti di autolesionismo, 12 tentati suicidi, 8 ferimenti, 71 colluttazioni, manifestazioni collettive di protesta che hanno visto coinvolti complessivamente in Liguria oltre mille detenuti. Questo solo nei primi sei mesi del 2013. E allora, per rendere anche le carceri liguri più civili e le condizioni di lavoro dei poliziotti migliori e meno pericolose, più che soluzioni estemporanee ed eccezionali come indulto ed amnistia, si dovrebbe legiferare l’obbligatorietà del lavoro in carcere ed il ricorso ad un potenziamento delle misure alternative alla detenzione per quei soggetti non pericolosi e con pene brevi da scontare, che dovrebbero essere impiegati in lavori di pubblica utilità sul territorio a favore delle città e dei cittadini”.