Genova. Moschea sì, moschea no: il progetto di un centro culturale islamico alla Darsena, nel palazzo in ristrutturazione del Tabarca, potrebbe essere l’uovo di Colombo, la soluzione che permetterebbe a Tursi di salvare capra e cavoli. L’ipotesi di progetto allo studio della Banca per lo Sviluppo Islamico piace al Comune e non dispiace neppure al Municipio Centro Est, fermo restando l’unico vero paletto: capire se le risorse ci siano davvero per poi verificare, nel caso, il grado di compatibilità con la città. Contrari gli abitanti di Prè che vorrebbero il “nuovo” Tabarca aperto alla città.
Il riscontro “molto positivo” da parte di Tursi, per cui l’idea di un centro culturale islamico alla Darsena risponderebbe a una serie di requisiti importanti, per ora c’è. In primis sarebbe “un luogo per i musulmani, dignitoso per la preghiera e per svolgere attività culturali”, ha detto oggi il vicesindaco Stefano Bernini a Genova24.it. Poi il luogo in sé, simbolico. Alla Darsena, dove in passato esisteva la moschea genovese e dove oggi, poco distante alla Stazione Marittima, sbarcano i traghetti dal Nord Africa. “Sarebbe un modo per accogliere – ha spiegato Bernini – a ribadire la tradizione genovese di amicizia con le altre sponde del Mediterraneo”.
L’idea, portata avanti da Alfredo Maiolese, presidente dell’European Muslim League, è quella di comprare (costo indicativo 9 milioni di euro) e ristrutturare (costo indicativo 3 milioni di Euro) l’edificio del Tabarca, accanto al Museo Galata. Per fare questo l’associazione ha commissionato un progetto preliminare a uno studio di architettura, ha attivato contatti con la Banca Islamica e con lo Stato del Kuwait di cui Maiolese è rappresentante del Ministero per gli Affari Islamici, oltre che con il Sindaco Doria.
“Abbiamo avuto più contatti – conferma Bernini – l’idea era già stata espressa in passato, poi recentemente ha acquisito maggiore possibilità, stanno raccogliendo forze e risorse per questa sfida importante”.
L’imam genovese Salah Hussein ha però esposto una perplessità: il centro culturale islamico potrebbe anche andare bene, ma di fatto non è una moschea. “Capisco le sue posizioni, la moschea ha caratteristiche particolari come il minareto, ma allo stesso tempo – ha sottolineato il vicesindaco – non so se queste esigenze verrebbero risolte mantenendo la location del Lagaccio, un sito non logisticamente felice e in un’area di urbanizzazione pressante tale che sarebbe meglio diradare gli spazi volumetrici per creare più spazi verdi, piuttosto che costruire ancora”. Il discorso di Tursi è chiaro: sì alla moschea, ma al momento, Cornigliano e l’ipotesi Darsena potrebbero rispondere “a un bisogno immediato d’incontro, aggregazione e dialogo con il territorio e farci ragionare con più calma su una collocazione ottimale della moschea”.
Il Centro sarebbe costituito, come da studio preliminare, da una Moschea, da una grande parte dedicata all’Arte e la Cultura Islamica, da un’area per l’animazione culturale e sociale e l’incontro aperto con tutti, e infine da una parte specificamente riservata alla promozione delle relazioni con i paesi Arabi, commerciali, economiche, politiche.
Gli abitanti di Pré vorrebbero invece un luogo aperto a tutti. “Ma lo sarà in gran parte, quell’area non è certo carente, temo che dietro questa richiesta ci sia un clima, che non condivido, da paura del diverso. Invece – ha concluso il vicesindaco – Dobbiamo ricominciare a pensare che questo mare è di tutti, è nostro, come dicevano gli antichi”. Per cui “Disponibili a ragionare insieme, ma l’importante è verificare se esistano le risorse per effettuare un’operazione così”.
Apertura, con cautela anche da parte del Municipio. “Per ora è un progetto, forse una suggestione – ha spiegato il presidente Simone Leoncini – In tutti i paesi democratici è naturale che tutte le confessioni possano avere i propri luoghi di culto, ovviamente nel rispetto delle normative e in maniera trasparente. Ora bisogna vedere nel merito cosa sarà, se ci sono davvero i soldi, chi sono gli investitori e se siano in grado di fare un investimento. O se, per l’ennesima volta, invece, il nostro sport preferito è parlare di cose che non si faranno mai”, ha ammonito Leoncini.
L’imperativo è valutare bene il progetto, capire cioè se sia compatibile, in grado di arricchire o impoverire l’area, se dal punto di vista economico o sociale può portare relazioni con la sponda sud del Mediterraneo e quindi aumentare traffici portuali e posto di lavoro, ad esempio. “Ripeto va verificato, per ora abbiamo solo qualche immagine, troppo poco per valutare”. Ma sempre tenendo fisso un punto, ha ricordato Leoncini: “Bisogna trattare i centri islamici come tutto il resto, vedere nel merito il progetto: se propone un arricchimento va sostenuto, altrimenti combattuto. Per ora è una suggestione interessante, ma siamo ancora in una fase agli albori”.
I comitati e i cittadini di Prè sospettano sia invece la scappatoia per non ammettere che non ci sono “abbastanza fondi per terminare la ristrutturazione di un edificio che era destinato a bene altro” e rilanciano la moschea nel palazzo dell’ex Provveditorato in via Assarotti, un’ipotesi già bloccata in partenza per la presenza di vincoli urbanistici.
“Nel quartiere abbiamo già alcune case di preghiera di diverse comunità islamiche, tollerate ma non molto accettate – ha ricordato l’Osservatorio Prè Gramsci – Se una moschea raccogliesse i fedeli e ci liberasse dalle schiavitù nei confronti delle case di preghiera sarebbe una cosa interessante, ma destinare il Tabarca a questo scopo ci sembra un’ulteriore violazione della tranquillità del nostro quartiere, porterebbe a un’utilizzazione del suolo pubblico, sia per l’edificio sia per i parcheggi. Sembra l’ennesima operazione calata dall’alto”.
Katia Bonchi
Tamara Turatti