Genova. “Già dal 2011 monitoriamo l’eventuale presenza di isotopi radioattivi attraverso misurazioni che vengono effettuate direttamente allo scarico dei tonni dell’oceano Pacifico che arrivano interi nel nostro stabilimento”. Asdomar, nota azienda produttrice con sede a Genova, ha predisposto subito una sezione dedicata a “Informazioni ai consumatori in relazione alla situazione in Giappone” sul suo sito internet, per fronteggiare il nuovo allarmismo sul tonno radioattivo, rifiorito a oltre due anni di distanza dall’incidente di Fukushima.
In Rete, e in particolare sui socialnetwork, gira infatti da giorni un post che invita i consumatori di tonno a fare attenzione a un particolare della confezione: l’indicazione del luogo di pesca, sintetizzato nelle zone Fao.
“Non acquistiamo né abbiamo mai acquistato tonno proveniente dalla zona FAO 61 – Oceano Pacifico del Nord Ovest, zona che comprende l’area del Giappone, l’unica dichiarata eventualmente a rischio, secondo quanto indicato dalla Unione Europea. Utilizziamo per le nostre produzioni esclusivamente tonno a pinne gialle che non vive in quelle acque per via delle temperature troppo basse – spiegano alla Asdomar – Il nostro tonno viene infatti pescato nelle calde acque tropicali degli oceani Indiano (zone FAO 51 e 57) e Pacifico Occidentale Centrale (zona FAO 71), quindi in questo ultimo caso, lontano dalle acque antistanti il Giappone”.
Era stata una ricerca americana, uno studio della National Accademy of Science, a rilevare un aumento della radioattività nei tonni pinna rossa “emigrati” sulle coste americane del Pacifico. Stimando comunque che l’impatto sulla salute, nel caso peggiore possibile, fosse estremamente contenuto.
La zona di provenienza (Fao e un numero di accompagnamento che identifica l’area di cattura) dà precise indicazioni sul luogo di pesca. Fao 61 è quella dell’Oceano Pacifico del Nord Ovest, che va dalla Siberia al Giappone, l’unica dichiarata eventualmente a rischio. Mari freddi dove generalmente non si pescano i tonni a pinna gialla che noi portiamo in tavola, catturati invece nella zona Fao 71, l’area del Pacifico Occidentale Centrale fino all’Australia, caratterizzata invece da acque calde e fonte di fiorente pesca per molte delle aziende leader del settore.
La problematica evidenziata dalla ricerca americana riguardava poi i tonni rossi usati per il sushi e non per lo scatolame, spiega Asdomar. L’allarme già scoppiato all’indomani dell’incidente di Fukushima, è tornato però alla ribalta sui social network negli ultimi giorni. Un “caso sociale” e non reale. “Nessun paese ha bloccato il tonno in scatola, non c’è pericolo e anzi ci sono controlli ferrei, dall’Ue alla Fao”.