Genova. Due minuti e 11 secondi che avrebbero potuto salvare la vita delle persone che si trovavano nella Torre piloti.
“Essendo la torre piloti occupata da professionisti in servizio di vigilanza, continuamente all’ascolto della radio e con possibilità diretta di vedere la nave in movimento a poche decine di metri e di valutarne la pericolosità, una comunicazione radio, unita a segnali acustici avrebbe consentito al personale della torre di rendersi conto della pericolosità della situazione in non più di 2-3 secondi e di reagire prontamente con serie possibilità si salvezza” scrive il gip Ferdinando Baldini nel provvedimento con cui ordina la misura cautelare interdittiva per Roberto Paoloni, Antonio Anfossi e Lorenzo Repetto.
Alle 22.57.31 suona sul ponte della Jolly l’allarme che indica che il motore non è ripartito. L’impatto contro la torre avviene alle 22.59.42, 2 minuti e 11 secondi dopo.
L’allarme invece viene spento. Secondo l’accusa a spegnere il “cicalino” è il primo ufficile Lorenzo Repetto che non avverte tempestivamente comandante e pilota della mancata partenza del motore “tant’è vero che poco dopo alle 22.57.37 secondi viene impartito l’ordine alle macchine ‘avanti adagio’, ordine che evidentemente non era eseguibile correttamente – scrive il gip – in quanto il motore era spento”.
Repetto dice invece a domanda del comandante se il motore fosse partito “sembra di sì”, ma alle 22.58.21 un operatore sul ponte evidenzia che il motore non è partito. Nello stesso momento il secondo ufficiale da poppa avverte “distanza dalla torre piloti 150 metri “. Nei venti secondi successivi darà “100 metri” e poi “70 metri”. Ore 22.58.53 il pilota comunica al rimorchiatore di non avere la macchina e poi chiede a quello di prua di dare tutta la potenza. Un secondo dopo il pilota indica “pronti sulle ancore”. Due secondi dopo il comandante ribadisce “state pronti sulle ancore “.
Alle 22.59.04 il secondo ufficiale avvisa “poppa a 25 metri”. Anfossi chiede conferma e risponde “Oh no”. Otto secondi dopo il pilota ordina “fondo fondo” e il comandante ribadisce “fondo fondo a dritta”. Ma è ormai troppo tardi. Alle 22.59.26 il secondo a poppa segnala “a 10 metri” e 8 secondi dopo alle 22.59.34 “rumori di scarrocciamento della chiglia sulla banchina”. Ai 35 l’impatto: “poppa arriviamo”. Poi il tonfo del crollo della Torre.
“Alle 22.59.01 il comandante impartisce di stare pronti sulle ancore – riassume Baldini – e sottolinea a tale riguardo il Pm come anche in questo caso con incredibile imperizia e imprudenza non sia stato dato l’ordine di dare fondo alle ancore ma soltanto di stare pronti sulle ancore”.
“Al riguardo pm e sottoscritto – scrive il gip nella sua ordinanza – si chiedono cosa ancora si dovesse attendere a gettare le ancore”. Perché tanto ritardo? Se fosse stato dato fondo alle ancore con tempestività, forse la torre non sarebbe crollata, è la tesi dell’accusa.
Ripetuti episodi di “negligenza, imperizia, imprudenza” a carico dei tre indagati, ripete più volte il Gip nel provvedimento: dalla scelta iniziale di partire con un motore che sapevano non funzionante a dovere (Paoloni alle 20.57 quando il motore non parte durante la prova dice “Ogni volta che si parte da Genova… c’è da farsi il segno della croce”, senza “consegnare” la nave ai rimorchiatori, alla velocità durante la manovra, all’interruzione delle comunicazioni radio (scelta fatta dal primo ufficiale ma avvallata da Comandante e pilota), al ritardo nel comunicare che il motore non era partito e nel dare il comando di gettare le ancore” e a al mancato avvertimento radio alla Torre Piloti. Imprudenze e imperizie che hanno portato alla perdita di nove vite.
Anche la decisione di questa mattina da parte del giudice di rigettare la richiesta di incidente probatorio fatta dai difensori di Paoloni e Repetto rispetto alla collocazione della Torre e all’azione dei rimorchiatori sembra confermare che per la Procura e per il giudice per le indagini preliminari allo stato degli atti, la dinamica e le responsabilità degli indagati sono chiare. Ora, a partire da lunedì 15, cominceranno gli interrogatori e Paoloni, Anfossi e Repetto (ora sospesi dal servizio), avranno la possibilità – se questa volta lo vorranno – di raccontare la loro versione dei fatti.