Genova. Nemmeno le vendite di fine stagione sfuggono alla crisi dei consumi: la prima settimana dei saldi estivi, come previsto, si chiude con un calo medio del 15% della spesa dei clienti rispetto allo stesso periodo del 2012, anche se con profonde differenze a seconda della categoria merceologica e della località, con una migliore prestazione dei negozi delle città turistiche. E’ quanto emerge da un sondaggio condotto da Fismo-Confesercenti su un campione di commercianti di alcune importanti città italiane. La crisi – segnalano i negozi di moda – modifica anche le abitudini: sparita completamente la “febbre da inizio saldi” e, con essa, le file interminabili davanti ai negozi.
Il bilancio di questa prima settimana di saldi estivi varia considerevolmente a seconda della località presa in considerazione. Tengono grandi città come Milano, Torino e Genova. In calo Bari e Bologna, invece.
“La stagione dei saldi estivi, come già si preannunciava – conferma Enrico Malvasi, Fismo Confesercenti Liguria – è diversa da quella invernale. Non assistiamo cioè alla classica ‘corsa’ ai negozi. Però consultando gli operatori almeno a Genova le vendite sono per il momento in linea con l’anno scorso. Anzi in alcuni casi assistiamo anche a un miglioramento nelle vendite”.
La limitata disponibilità economica ha influito pesantemente anche sul comportamento d’acquisto dei clienti. Nonostante gli sconti iniziali superiori alla norma – quest’anno partiti quasi ovunque dal 50% – non si è registrata la consueta ressa dei primi giorni. Svanite le file: in coda davanti ai negozi, ormai, resistono soprattutto i turisti stranieri, in cerca del capo ‘Made in Italy’. I consumatori italiani si mostrano invece più attenti alle spese, per via del budget limitato, confrontando varie offerte prima di comprare.
Latita la “clientela da vendite di fine stagione”: si assiste, in generale, a una diminuzione dei clienti “occasionali”, cioè non fidelizzati, che acquistano attirati dagli sconti. In generale, vendono comunque meglio i capi nelle fasce di prezzo medio-basse e low-cost, mentre soffrono i capi ‘premium’, rivolti a chi può spendere un po’ di più. I clienti cercano soprattutto camiceria e pantaloni, mentre perdono appeal gli accessori come borse e cinture, soprattutto se di costo non contenuto. “Reggono i settori dell’abbigliamento e delle calzature, ma le persone tendono a non comprare più il superfluo”, conclude Malvasi.
Tra le categorie merceologiche che mostrano una miglior tenuta c’è la moda giovani: i genitori – spiegano i commercianti – preferiscono tagliare la propria spesa per l’abbigliamento piuttosto che quella dei figli.