Cronaca

Alluvione 2011, gli inquirenti: “Due ore di tempo per evitare la tragedia”

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Genova. C’erano due ore di tempo per evitare la tragedia, ma chi sapeva come stava evolvendo la situazione sul Fereggiano non ha fatto nulla. E’ questa la tesi della procura di Genova, che ha chiuso le indagini sull’alluvione del 4 novembre 2011 in cui morirono sei donne, di cui due bambine.

L’avviso di conclusione indagini preliminari è stato inviato a sei indagati: l’ex sindaco di Genova Marta Vincenzi, l’ex assessore alla Protezione civile Francesco Scidone, i dirigenti comunali Gianfranco Delponte, Pierpaolo Cha e Sandro Gambelli e Roberto Gabutti, referente delle organizzazioni di protezione civile.

Per i due esponenti politici e i tre funzionari comunali le accuse sono di omicidio colposo plurimo, disastro colposo, calunnia e falso. Gabutti, invece, è accusato solo di falso.

Il procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico e il pubblico ministero Luca Scorza Azzarà, che coordinano le indagini, infatti hanno deciso di riunificare i due procedimenti, quello per il falso verbale e quello per il “colposo”.

Secondo gli investigatori, la macchina operativa della protezione civile non venne messa in moto: non vennero chiuse le strade adiacenti a via Fereggiano, non furono chiuse le scuole ne’ venne ordinato ai presidi di non fare uscire gli alunni, non venne bloccata la circolazione stradale.

“Negli uffici comunali di protezione civile – spiegano gli inquirenti – avevano ricevuto notizie allarmanti già alle 11 del mattino mentre il rio Fereggiano esondò intorno alle 13.

In quelle 2 ore c’era la possibilità di evitare la tragedia con alcuni accorgimenti che non vennero messi in atto”.

Non solo i vertici “non fecero quello che andava fatto” ma
secondo l’accusa “falsificarono il verbale taroccando l’orario dell’esondazione”. Quel documento venne creato, secondo gli inquirenti, per sostenere che quel giorno sulla citta’ si abbatte’ una ‘bomba d’acqua’ di per se’ imprevedibile.

Secondo l’accusa, inoltre, l’ex sindaco sarebbe stata intorno alle 12 negli uffici comunali dove era riunita la protezione civile: lo
dimostrano le celle telefoniche che hanno agganciato il
cellulare della Vincenzi in quella zona. Secondo l’accusa,
dunque, lei era li’ mentre si verificava l’evento e quando venne
deciso di falsificare il verbale.

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