Nelle ultime settimane, in Piazza Taksim a Istanbul sono scese migliaia di persone per difendere gli alberi del parco Gezi. Gli alberi come simbolo dei polmoni delle nostre città. Gli alberi come simbolo di laicità, di uno spazio
per tutte e tutti. Il primo ministro Erdogan aveva deciso di trasformare sostituire il parco con un centro commerciale, una moschea e dei tunnel sotterranei per far defluire il traffico. L’indignazione suscitata dal
progetto ha riempito la piazza di manifestanti.
A Taksim persone che non si conoscevano si sono riconosciute. Il potere dei corpi che si incontrano ha dato vita a un momento di condivisione e di democrazia. Tra questi molte donne e molti giovani, le cui voci spesso non
vengono ascoltate. La nuova generazione è invisibile, le donne inascoltate. Il potere considera la loro voce destabilizzante e cerca di ingabbiarle in ruoli subalterni e controllabili. Secondo Erdogan, le donne debbono vestirsi sobriamente e avere almeno tre figli.
Prima di Piazza Taksim, anche la Primavera Araba e il 13 febbraio 2011, quando è nato il movimento Senonoraquando in Italia, hanno dato segnali forti di cambiamento. Hanno mostrato che le donne e le nuove generazioni, insieme, possono unire le loro voci e che, in nome della dignità dei corpi, donne e uomini si possono unire nella protesta. Il potere, ovunque, è spaventato da tanta forza e determinazione, e così in Turchia, la repressione contro i/le manifestanti passa attraverso la violenza codarda della polizia, accusata di stuprare, picchiare, minacciare, molestare le donne arrestate, e responsabile della morte di quattro e del ferimento di migliaia di persone.
La violenta repressione poliziesca contro tutti coloro che sono scesi in piazza a difesa della democrazia è inaccettabile. Come ai tempi del G8 di Genova, emerge in tutto il suo orrore il difficile rapporto tra il potere che fa uso della forza e i cittadini che esprimono una diversa visione del mondo.
Senonoraquando chiede che il nostro Governo e l’Europa denuncino in modo chiaro l’azione del Governo turco senza ipocrisie e tentennamenti. Non è accettabile denunciare gli “eccessi” polizieschi e nello stesso tempo dare segnali di vicinanza alle autorità turche per mantenere rapporti convenienti.
Invitiamo inoltre i cittadini e le istituzioni a esprimere solidarietà ai/alle manifestanti, e invitiamo i comitati Snoq a fare da cassa di risonanza a questo messaggio, ricordando che dal 13 febbraio non si torna più indietro. Segnaliamo infine la petizione di Amnesty contro la violenza sui/sulle manifestanti:
http://www.amnesty.it/turchia_violenze_polizia_manifestanti.