Liguria. Oltre alla crisi, al calo dei consumi e al perdurare dei ritardi di pagamento che prosciugano la liquidità di cassa per le imprese, sulle spalle degli artigiani, da quest’anno, arriva anche la stangata Tares, la nuova tassa sui rifiuti e sui servizi comunali che dal primo gennaio sostituisce la Tarsu e le tariffe rifiuti Tia.
Si tratterà di un’ulteriore batosta visto che il Governo si aspetta dalla Tares maggiori entrate per i
Comuni pari a 1 miliardo di euro nel 2013 e un ulteriore miliardo nel 2014. Aumenti che vanno ad aggiungersi a quelli registrati negli ultimi 10 anni con la crescita del 57% delle tariffe rifiuti in Italia.
“Un ultimo provvedimento del Governo dei giorni scorsi, modificando quanto già precedentemente deciso – spiega Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria – ha stabilito che saranno i Comuni a determinare il numero e la scadenza delle rate: ma questo non cambia il costo finale a carico del contribuente che resta invariato. Le aziende non sono in grado di sostenere ulteriori costi pertanto sarebbe auspicabile che, per quanto possibile, i Comuni possano mitigare i costi aggiuntivi della Tares”.
La nuova imposta si basa sulla dimensione degli immobili e sul numero dei componenti che vi abitano. Per calcolarla viene considerato il valore medio di produzione dei rifiuti che è diverso da famiglia a famiglia e varia a seconda della tipologie delle imprese. In base a questo viene calcolato un coefficiente rapportato all’80 per cento della superficie dell’immobile. Alla cifra che si ottiene saranno poi aggiunti 30 centesimi a metro quadrato che è l’ammontare del conguaglio finale che si dovrà
pagare a fine anno.
Secondo l’ufficio studi di Confartigianato su dati Unioncamere, i costi aggiuntivi pro capite per i liguri ammontano a 16,5 euro, in una regione già tra le più care d’Italia per i servizi di igiene urbana: poco meno di 170 euro all’anno per abitante, contro la media italiana di circa 141 euro.
L’impatto maggiore del passaggio tra Tarsu e Tares si avrà per le imprese dei Comuni più piccoli. Per un artigiano del pane e della pasta che opera in un centro tra i 5 e i 10mila abitanti si stima che l’aumento sarà quasi del 94%; peggio ancora per un pasticcere che arriverà a pagare circa il
182% in più. Ma gli aumenti più salati saranno per le attività di pizza al taglio che oscilleranno tra il 301% (per i Comuni tra i 5 e i10mila abitanti) e il 61,5% (per i Comuni oltre i 100mila abitanti).
“Siamo consapevoli dell’esigenza dei Comuni di reperire risorse per garantire i servizi – dice Grasso – ma troviamo assurdo che si faccia cassa sulle spalle delle imprese, soprattutto quelle più piccole e nei
centri di minori dimensioni che già hanno risentito in modo più spiccato del calo dei consumi e della crisi economica. Se non vogliamo arrivare al collasso completo del nostro sistema produttivo, occorre che i Comuni almeno limitino i costi aggiuntivi e consentano un numero congruo di rateizzazioni”.