Promuovere la modernizzazione dei 319 porti ritenuti chiave per il mercato Ue per accrescerne l’efficienza e risparmiare 10 miliardi di euro entro il 2030: è la nuova strategia della Commissione Ue che attribuisce maggiore autonomia alle Autorità portuali e apre il mercato dei servizi proponendo procedure nuove e più trasparenti.
Un aumento del 50% del traffico delle navi nei porti Ue e tra i 110mila ed i 165mila nuovi posti di lavoro: sono infatti queste le stime della Commissione Ue per la crescita del settore entro il 2030. Un’opportunità che Bruxelles affronta con un pacchetto di misure che valgono 10 miliardi di risparmi, pari al taglio del 7% dei costi, ed un ammodernamento complessivo di 319 porti ritenuti chiave per il
funzionamento del mercato interno.
L’Italia è il secondo paese con 39 scali individuati dopo la Gran Bretagna (43), e secondo fonti Ue sarà tra gli stati membro a trarre maggior giovamento dal pacchetto di proposte. Di particolare rilievo per l’Italia è la maggiore autonomia delle autorità portuali e la possibilità di determinare i costi dei servizi e la destinazione delle risorse.
Il Belpaese figura nella top 20 dei porti cargo con Genova (al 13mo posto) Trieste (14mo) e Taranto (16mo) per tonnellate movimentate nel 2011, ma i primi tre sono Rotterdam, Anversa, e Amburgo, che da soli assorbono il 5% di tutti i traffici marittimi verso l’Europa, che importa via mare ben il 74% della merce extra-Ue. Uno squilibrio che porta alla congestione e a costi extra per operatori e consumatori.
Un forte accento viene anche posto sulla necessità delle interconnessioni via terra, sia su ferro che su gomma, nodi modali che partono dai punti di arrivo delle autostrade del mare e che possono dare impulso anche allo sviluppo a collegamenti brevi via mare, soprattutto nel Mediterraneo.