Genova. Addio a Don Gallo, il prete di strada.”Resterai vivo per sempre” aveva scritto qualcuno, quando la notizia dell’aggravamento dello stato di salute era cominciata a circolare. E sarà davvero così. Genova è una città che non dimentica e Don Gallo resterà per sempre nel cuore di chi lo ha conosciuto. Il prete di strada più amato dai genovesi, e non solo da loro, si è spento a 84 anni nella sua comunità con a fianco i suoi ragazzi, quegli “ultimi” a cui si è sempre sentito vicino e che gli sono stati a fianco fino alla fine.
Una vita spesa senza mai tirasi indietro per aiutare chi non era in grado di farcela da solo e per sostenere le battaglie in cui credeva fermamente: contro la guerra e contro ogni forma di emarginazione, a favore dei diritti dei più deboli, dagli stranieri alle coppie omosessuali, a favore della legalizzazione delle droghe leggere, facendosi addirittura multare per aver fumato uno spinello a palazzo Tursi. Genovesi e non se lo ricordano in piazza, dal G8 di Genova al Gay Pride, fino all’ultima grande manifestazione di un paio di mesi fa a Pegli contro l’apertura dell’ennesima casa da gioco. L’8 dicembre del 2012, per il 42esimo anniversario della comunità di San Benedetto, Don Gallo alla fine della messa, si è messo a cantare “Bella Ciao” insieme ai suoi fedeli, con grande scandalo della Curia e grande successo sul web.
A febbraio, quando Benedetto XVI decise di dimettersi la rete si scatenò: “Vogliamo #papagallo, don Gallo papa!”. E lui ci scherzava su, ricordando quando nel 1949 un vecchio salesiano, allievo di don Bosco, disse al giovane chierico, Andrea Gallo: “Non diventerai Papa, ti dovrebbero chiamare ‘papagallo’”.
Don Gallo papa sì che sarebbe stata una bella rivoluzione. Lui, così lontano dai cerimoniali del Vaticano, così poco amato dagli ambienti ecclesiastici per le sue posizioni e per non aver mai avuto peli sulla lingua. Come non ricordare quando il cardinale Siri chiese e ottenne il suo trasferimento dalla chiesa del Carmine? Era il 1970 e nel linguaggio “trasparente” della Curia era un normale avvicendamento di sacerdoti, ma non vi furono dubbi per nessuno: la predicazione di Don Gallo irritava una parte di fedeli e preoccupava i teologi della Curia, a cominciare dallo stesso Cardinale perché, si diceva, i suoi contenuti “non erano religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti”.
Quel provvedimento provocò nella parrocchia e nella città un vigoroso movimento di protesta ma, la Curia, non tornò indietro e il “prete scomodo” dovette obbedire: rinunciò al posto “offertogli” all’isola di Capraia che lo avrebbe totalmente e definitivamente isolato. Qualche tempo dopo, venne accolto dal parroco di S. Benedetto, Don Federico Rebora, e insieme ad un piccolo gruppo diede vita alla Comunità di S. Benedetto al Porto. Una casa con le porte sempre aperte per chi ha bisogno, una grande famiglia con un “padre” pronto ad accogliere chiunque in tutti questi anni ne abbia varcato la soglia.