Genova. Meno di 48 ore per conoscere il proprio futuro. I lavoratori Fincantieri di Sestri Ponente aspettano l’incontro tra le parti sindacali e l’azienda di venerdì prossimo con la speranza che arrivi finalmente l’attesa fumata bianca.
Per ora nessuna novità, le posizioni rimangono le stesse di qualche giorno fa. Il clima, però, non è dei migliori, viste anche le notizie in arrivo da altri stabilimenti del gruppo: Ancona, per esempio, sta per rimanere senza commesse e anche lì si profila lo spettro della cassa integrazione.
“Vogliamo la certezza di una commessa – spiega Bruno Manganaro, segretario Fiom Cgil Genova – una nave, insomma. Ci dicono che la sua realizzazione dipende dal suo finanziamento, ma certamente non possiamo essere responsabili noi per il piano finanziario”.
Si affaccia allora il sospetto, neanche troppo velato, che Fincantieri voglia arrivare ad un ulteriore ridimensionamento della forza lavoro a Sestri. “Si parla del blocco del turnover. Noi siamo ovviamente contrari. L’azienda sembrerebbe intenzionata ad arrivare ad un cantiere che occupi circa 400 dipendenti. Un’ulteriore emorragia di posti di lavoro per la città”.
Ma lo strumento per difendere l’occupazione, per la Fiom Cgil, rimane quello dei contratti di solidarietà: “C’è la crisi, è vero – continua Manganaro – ma sarebbe intelligente applicarli al posto della cassa integrazione. E’ del resto una richiesta che arriva da più parti. Fincantieri non ha mai detto no a questa ipotesi, ma non è mai stato tentato nessun atto concreto in questo senso. Senza alcuna spiegazione”.
La contropartita di una eventuale commessa, chiede l’azienda, è una maggiore flessibilità interna. Ipotesi che trova la Fiom “disponibile, purché non si tratti di una discussione ideologica”. “La flessibilità – conclude Manganaro – andrebbe bene. Va però concordata con le Rsu a seconda delle esigenze produttive. Fatto questo siamo completamente disponibili a lavorare su sei giorni settimanali per rispettare i carichi di lavoro. Procedere senza un accordo con i lavoratori non sarebbe utile neppure all’azienda: porterebbe solo ad una maggiore conflittualità”.