Una crisi che sembra non avere fine se si pensa che sono passati cinque anni dallo scoppio di quella finanziaria. Basti pensare che a livello mondiale dal 2007 ad oggi sono oltre 28 i milioni di lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. E il 2013 si preannuncia ancora più difficile specie per i lavoratori.
Lo rende noto Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, facendo riferimento ai dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) che, nell’ultimo rapporto che arriva a ridosso dell’inizio del forum economico, ha annunciato che il tasso globale di disoccupazione è destinato ancora a salire anche perché non c’è nessun segnale di crescita economica. La conseguenza sarà un aumento dei disoccupati di altri 5,1 milioni di persone, mentre globalmente il numero di senza lavoro supererà i 202 milioni.
La situazione non migliorerà neanche nel 2014: saranno altri tre i milioni di disoccupati. Il direttore dell’OIL Guy Ryder ha esplicitamente sostenuto che “L’insicurezza derivante dallo sviluppo congiunturale e le contromisure politiche insufficienti hanno indebolito la domanda e frenato gli investimenti e di conseguenza la creazione di nuovi posti di lavoro”. Ed ha aggiunto che “la creazione di nuovi posti di lavoro è in calo, mentre aumenta il numero di disoccupati di lunga data”.
Alla luce di tali dati l’OLI ha invitato i governi a decisioni importanti e decise da parte del mondo politico ed economico per combattere il fenomeno. Secondo l’organizzazione è indispensabile che per invertire tale tendenza si riparta dalla crescita economica. Ciò soprattutto per quei Paesi in difficoltà dell’Europa meridionale tra i quali la Grecia, che stanno conoscendo un crollo vertiginoso delle attività economiche.
Ma L’OLI non si ferma qui e chiede riforme agli Stati e si rivolge al sistema bancario affinché inizi a concedere crediti per investimenti produttivi, in particolar modo destinati alle medie imprese, motori importanti di sviluppo e occupazione.
La cosa che più sorprende deriva dal fatto che tutto nonostante le misure attuate tra i quali il fondo di salvataggio europeo nonché quelle della banca centrale europea, la crisi non ha mollato il Vecchio Continente coinvolgendo il mercato del lavoro che è in grave affanno.
Particolarmente complesso e grave anche per l’OIL è il fenomeno della disoccupazione giovanile che rappresenta il pericolo maggiore per la coesione sociale europea.
Un problema globale che coinvolge ben 73,8 milioni giovani a livello mondiale che non hanno un lavoro stabile. Anche per i giovani il tasso di disoccupazione è destinato a salire con un aumento di un ulteriore mezzo milione di unità entro il 2014. Se non si prenderanno provvedimenti, la media globale della quota di disoccupati tra i giovani passerà dal 12,6% del 2012 al 12,9% nel 2017.
Solo la Svizzera, la Germania e l’Austria sono riuscite a mantenere basso il tasso di disoccupazione giovanile. Al contrario nell’Europa meridionale la situazione è precipitata con Grecia e Spagna che hanno un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 50%.
La cosa più preoccupante è che questo dato, per l’OIL costituisce un pericolo che, come già sottolineato, potrebbe minacciare la coesione sociale.