Economia

Ilva, ancora stallo a Taranto: rischio cassa integrazione per 8 mila lavoratori

corteo ilva
Foto d'archivio

Sono più che allarmanti i dati emersi nel corso dell’incontro che si è svolto ieri a Taranto tra il ministro Corrado Clini, i sindacati e il presidente del siderurgico più grande d’Europa, Bruno Ferrante. A rischio cassa integrazione, infatti, ci sono tra i 6 mila e gli 8 mila lavoratori del gruppo Riva, se la situazione dell’Ilva di Taranto non si dovesse sbloccare nei prossimi giorni.

Una riunione avvenuta nell’Ilva di Taranto tra straordinarie misure di sicurezza perché la questura ha blindato la città e ha preteso l’invio di altri 350 uomini delle Forze dell’ordine per scoraggiare eventuali proteste. Tra le ipotesi allo studio della magistratura e del governo per salvare l’Ilva ci sarebbe il dissequestro e la vendita dell’acciaio deteriorabile fermo dal 26 novembre sulle banchine del porto con lo spostamento del sequestro sulle somme ricavate.

L’occasione della riunione è stato l’insediamento del garante per l’attuazione delle prescrizioni dell’Aia, Vitaliano Esposito, e del commissario per il risanamento ambientale, Alfio Pini, e per spiegare che a Taranto sono destinati 396,7 milioni di euro, praticamente già disponibili, per gli interventi di bonifica e per nuove infrastrutture portuali.

Ma è stata anche l’occasione per il ministro Clini per inviare messaggi chiari ai magistrati tarantini, che poche ore dopo ha incontrato in prefettura: “Se qualcuno pensa – ha detto – che il risanamento possa avvenire fermando gli impianti dell’Ilva, non ha capito dove siamo”. E a chi gli chiedeva se ci fosse un piano alternativo del governo nel caso in cui la Consulta dovesse dichiarare incostituzionale la legge ‘salva Ilva’, ha risposto in modo secco: “Non c’é un piano B perché l’Ilva non è un’officina meccanica”. Gli occhi ora sono tutti puntati alla decisione della Consulta a cui si è rivolta la magistratura tarantina per far dichiarare l’illegittimità costituzionale della legge 231 del 24 dicembre 2012.

“La Corte Costituzionale – ha sottolineato il ministro – si esprimerà nel merito. Nei fatti c’é una legge approvata dalla stragrande maggioranza del Parlamento con parere contrario solo di alcuni parlamentari”. Intanto, la procura di Taranto continua a procedere con rigore sulla vicenda. Oggi ha dato parere negativo all’istanza presentata ieri dall’Ilva con la quale si chiedeva il dissequestro dell’acciaio sequestrato per poter pagare gli stipendi e gli interventi di bonifica. I magistrati hanno trasmesso gli atti al gip Patrizia Todisco, a cui spetterà la decisione, e hanno proposto al giudice una nuova questione di legittimità costituzionale della legge ‘salva-Ilva’. Tuttavia, una prima apertura c’é stata ed è proprio quella legata all’ipotesi dello spostamento del sequestro dai prodotti finiti e semilavorati al ricavato della loro vendita. Dato, questo, che é emerso durante l’incontro tra Clini, il procuratore generale di Lecce, Giuseppe Vignola, e il procuratore della Repubblica di Taranto Franco Sebastio. Una fotografia della condizione che oggi vive l’Ilva è nelle parole del governatore della Puglia, Nichi Vendola: “C’é un equilibrio perfetto tra angoscia e fiducia. Non ci rassegniamo perché la posta in gioco è troppo alta”.

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