Genova. Dopodomani ricorre la Giornata della Memoria e come ogni anno intorno a questa data fioriscono iniziative che sono come un collettivo ripasso di una lezione forse troppo dura da imparare per noi adulti e troppo difficile da impartire ai giovani in modo convincente.
“Oggi, quasi troppo puntualmente, un’indagine delle forze dell’ordine ha messo fine ai progetti antisemiti e xenofobi di un gruppo di estrema destra, tutti giovani, nel napoletano. Se certe ideologie possono far presa ancora oggi, sebbene in contesti di deserto politico e culturale la causa risiede nel comodo silenzio che per anni ha avvolto più di una deportazione: quella di Rom e Sinti, la deportazione dei testimoni di Geova, l’internamento dei disabili e soprattutto l’Omocausto, l’ultimo a riemergere alla luce della memoria, addirittura negli anni ’90 del XX secolo”, spiega Ostia Mulas, Arcigay Genova.
Un lungo silenzio non casuale, smantellato poco a poco dalle conquiste del movimento per i diritti civili. “Oggi ci può sembrare incredibile che un deportato sia stato messo in condizione di non rivendicare la sua esperienza a causa di un vergognoso stigma sociale e con un brivido di indignazione sentirci a posto con la nostra coscienza, versare il nostro obolo alla Memoria e andare avanti – prosegue – Invece l’Omocausto non è mai finito: si perpetua in Paesi dove per l’omosessualità c’è la pena di morte o se non è ancora prevista viene proposta come in Uganda, continua grazie a leggi liberticide in molti Paesi del mondo diversi per visione politica e per credo religioso, vive ipocritamente in Italia dove il il potere vaticano continua a volerci curare e si oppone decisamente alla conquista dei diritti civili grazie a una classe politica che, per quanto ci riguarda, si dimentica regolarmente di essere europea”.
Mulas, precisa che l’Omocausto è oggi. “Non possiamo lavarcene le mani. Oggi si decide di opporsi alla criminalizzazione dell’omosessualità in Uganda, oggi si lotta contro omofobia e discriminazioni,oggi si ripensa a questo Paese come a una nazione europea capace di rispettare i propri cittadini e cittadine omosessuali – conclude – Oggi si decide se essere complici dell’Omocausto o no: a partire dalle nostre vite, dal modo in cui parliamo, dal modo in cui educhiamo i nostri figli”.