Ve lo dico subito. Questa è una storia triste. Racconta di una commessa genovese di 26 anni, che è convinta che la cucina possa cambiarle la vita. Convinta forse da quella pasta che prepara ad amici e parenti, con un sacco di successo, tutte le volte. Così, Fabiana decide finalmente di andare a portare i colori della Superba al programma culinario per eccellenza: Masterchef. Ce la possiamo immaginare mentre affronta le lunghe ore di coda e di attesa, per trovarsi finalmente di fronte ai tre temibili giudici e presentare il suo piatto. Sono le 22.24 di venerdì sera, quando apprendiamo dalla sua intervista che per lei quel piatto rappresenta l’occasione di una vita.
Tutta la Genova gastronomica che conta, non c’è dubbio, è appiccicata allo schermo in attesa di un piatto che possa finalmente vendicare la schiera di napoletani, emiliani, piemontesi, altoatesini, eccetera che sembrano i soli a potersi contendere quel titolo. Dai, Fabiana, faglielo vedere, cosa può fare, Genova.
Ma è qui che la storia ha la sua svolta più triste, quando increduli e imbarazzati, vediamo quei taglierini con una salsa al lime (al lime?), panna e mandorle. Mentre la camera stringe impietosamente sulla pentola vediamo la nostra gastro-commessa girare una specie di polpettone verde-biancastro dal peso specifico di un comodino. Mentre lancia la palla di taglierini sul piatto da portata, già leggiamo sul suo volto la consapevolezza della disfatta. Da lì, il crescendo tragico è inarrestabile: prima i commenti lapidari dei giudici, con Barbieri turbato e innervosito che sbotta in una “Ma va là”; il glaciale “una schifezza” di Bastianich e l’espressione da il padrino parte terza di Cracco.
A quel punto, Fabiana abbandona di prepotenza lo studio, senza neanche aspettare il giudizio finale dei giudici, con Barbieri che ci tiene a specificare: “Comunque era un no”. Stacco e ripresa su un primo piano della nostra gastro-commessa inquadrata dal basso verso l’alto, mentre abbraccia la madre, quasi singhiozzando, sussurandole andiamo a casa, per favore.
E con quell’abbraccio svaniscono così, ancora una volta, le speranze di vedere Genova e la sua cucina, in cima alla classifica, se non degli chef professionali, almeno degli aspiranti masterchef.
Pessimismo e fastidio.