Genova. Venticinque indagati di cui quattro raggiunti questa mattina da misura cautelare. Tre di questi (Enrico Casaretti, Giuseppe Luperto e Carlo Azzariti Fumaroli) sono dirigenti e tecnici della società Aurora costruzioni, il quarto, Roberto Accinelli, genovese ma residente a Varazze aveva il ruolo di prestanome per una società riconducibile ai primi tre, favorita nei lavori all’interno del polo e usata come “lavatrice” per le mazzette.
“Le indagini nascono a seguito della denuncia di un responsabile della società Ght, committente dei lavori – spiega il procuratore capo Di Lecce – che riferiva quanto detto da un imprenditore impegnato nei lavori per il polo degli Erzelli il quale sosteneva di essere stato oggetto di estorsione o, comunque, di richieste pressanti di denaro da parte di dirigenti della società che, per conto della Ght, avevano la gestione dei cantieri. Si parla di pagamenti che non erano dovuti e che queste imprese erano costrette a fare per poter avere la liquidazione di quanto spettava loro per l’avanzamento dei lavori che veniva certificata da tre dei quattro arrestati”.
“Il giro di tangenti per ora accertato è di circa 1 milione e trecento mila euro pagati e non dovuti. Gli indagati si servivano anche di società di comodo, come quella di Varazze, società attraverso le quali o prestavano consulenze fittizie o utilizzavano solo per ricevere pagamenti con fatture non corrette. Inoltre avevano creato un’altra società a Varazze che lavorava nel cantiere e che per l’effettuazione dei lavori aveva qualche agevolazione. Gli indagati sono 25: gli altri sono in qualche misura anche titolari delle imprese che operavano. Comunque le indagini proseguono”.
A casa degli indagati, oggetto nei mesi scorsi di perquisizione domiliciare, il denaro è stato ritrovato in luoghi per così dire particolari: “maggiore Oreste Gargano, Nucleo Investigativo cc Genova: “Nel corso delle perquisizioni dei mesi scorsi – spiega il maggiore Oreste Gargano, del nucleo investigativo dei Carabinieri di Genova – erano risultati anomali il nascondiglio e le modalità utilizzati per i soldi che noi riteniamo siano la minima parte del provento del denaro estorto. In un caso, abbiamo trovato circa 130 mila euro compressi e messi sottovuoto all’interno del frigorifero di casa, altre volte erano nascosti all’interno della colonnina che sostiene il lavandino del bagno”.
“I tre avevano creato un’associazione ben strutturata, volta a massimizzare i profitti. Il comportamento nei confronti degli imprenditori era arrogante o compiacente, a seconda dei casi e delle necessità, perché lo scopo era sempre ottenere il massimo profitto possibile. In un caso, gli indagati erano andati a pranzo in un ristorante piemontese e avevano fatturato circa mille euro, intestandolo a una ditta senza nemmeno avvisare l’imprenditore del conto salatissimo che gli sarebbe arrivato”.
“I tre avevano anche creato anche altre società ad hoc, in un caso una di consulenza. Quindi alcuni imprenditori, per giustificare l’esborso di denaro, erano costretti a richiedere consulenze non necessarie per lavori che avevano da altre parti. Il varazzino era un prestanome, e la sua società riconducibile ai tre ingegneri. La ditta in questione era favorita nei lavori all’interno del polo, nel pagamento degli stati avanzamento dei lavori e serviva come ‘lavatrice’ mediante emissione di fatture per giustificare l’introito di denaro”.