Genova. “L’Ilva di Taranto non può chiudere, bisogna procedere al risanamento ma senza fermare gli impianti”.
Torna a farsi sentire così, il Pd della Liguria, ricordando i rischi per il sito genovese e affermando come siano necessarie scelte strategiche “sia nazionali sia europee” per definire una nuova politica dell’acciaio.
“La vicenda Ilva ha avuto un nuovo grave avvitamento – hanno denunciato in una nota congiunta il segretario, Giovanni
Lunardon, e il responsabile del Foruum Lavoro, Mario Margini – La Procura della Repubblica di Taranto ha esplicitato il fatto che l’azienda non può produrre, ma deve limitarsi solo a rimettere in sesto gli impianti per ridurre l’inquinamento. Ciò nella sostanza vuol dire che l’intera filiera siderurgica nazionale Taranto-Novi-Genova in tempi differenziati è destinata a fermarsi”.
Migliaia di lavoratori, anche genovesi, rischiano di entrare nel tunnel della cassa integrazione senza sbocchi occupazionali certi.
Per Margini e Lunardon, la compatibilità tra industria e ambiente a Taranto e in altri siti produttivi “è un’esigenza
non più rinviabile, ma deve avvenire mantenendo inalterata, nel limite del possibile, la filiera produttiva. A Genova – precisano – anni di lotta hanno portato alla chiusura del ciclo integrale, altoforno, e alla costruzione di uno stabilimento siderurgico, seconda lavorazione, compatibile con l’ambiente. Genova perciò rischia di pagare sul piano produttivo responsabilità maturate in altre parti del Paese”.
A nome di Margini e Lunardon, il Pd ligure chiede al Governo di attivarsi per affermare questa nuova politica siderurgica a livello italiano, in una visione che sappia utilizzare il complesso delle capacità produttive presenti nel Paese.
E’ necessario, nel contempo, che Ilva acceleri il proprio piano di risanamento per Taranto.