Genova. La riforma del lavoro approvata dal Parlamento decapita l’ultima garanzia dei diritti dei lavoratori, e con essa anche l’ultima parvenza di dignità del lavoro. L’obbligo del reintegro del lavoratore ingiustamente licenziato non ci sarà più.
Nella stragrande maggioranza dei casi, i lavoratori che subiranno un licenziamento giudicato illegittimo non potranno riottenere, come sarebbe giusto, il proprio posto di lavoro. Nonostante il giudizio di illegittimità. Invece di estendere l’articolo 18 a chi non ne beneficia, lo si toglie a 8 milioni di lavoratori che rappresentano il 65% del totale degli occupati dipendenti, in un paese che già oggi ha un livello di protezione dai licenziamenti inferiore alla media europea.
Contemporaneamente, il “ddl lavoro” non solo non cancella nessuna delle tipologie di lavoro precario, ma addirittura mette sullo stesso livello i co.co.co/co.co.pro e i lavori a tempo indeterminato, con l’abolizione delle causali giustificative. Cioè aumenta la precarietà “in entrata”. A questo, si aggiunge la riduzione drastica della copertura degli ammortizzatori sociali, i cui effetti si combinano in maniera micidiale con la controriforma delle pensioni approvata, nemmeno a dirlo, dal governo Monti.
La precarietà diventerà condizione generale: le lavoratrici e i lavoratori adulti ed anziani espulsi nella crisi dai posti di lavoro dovranno competere con i loro figli per un posto da precari. Il governo Monti, che non ha alcun mandato popolare ed è espressione soltanto della Bce e dell’EuroMerkel, non ha la legittimità per distruggere i diritti del lavoro. Inoltre è gravissimo che si continui a far pagare tasse: tagli alle pensioni, l’Imu sulla prima casa, l’aumento della benzina sono solo alcuni esempi.