Roma. Non si sono mai placate le proteste riguardanti il canone speciale che la Rai avrebbe voluto imporre a Pc e smartphone in grado di ricevere trasmissioni televisive tramite Internet. L’iniziale scalpore che ha suscitato la notizia sul web, è stata seguita da una nota più specifica di viale Mazzini: il provvedimento riguarderebbe solo imprese, società ed enti, che non hanno già registrato uno o più televisori, per i quali pagano già il canone.
Ora però la Rai sembra aver fatto una marcia indietro definitiva. Un incontro al Ministero dello Sviluppo avrebbe portato a una precisazione: solo gli apparecchi adattati per la ricezione reale dei canali televisivi, cioè una minoranza rispetto ai numeri precedenti, dovranno pagare la nuova tassa.
La manovra della Rai sarebbe stata possibile grazie al regio decreto 246 del 21 febbraio 1938, il quale precisa che “chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni”, ha l’obbligo di pagare la tassa. Tutto verrebbe poi dalla manovra Salva Italia, in particolare nel suo articolo 17, varato dal Governo Monti, che afferma: “le imprese e le società devono indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione e la categoria di appartenenza ai fini dell’applicazione della tariffa di abbonamento radiotelevisivo speciale”.
Riepilogando la notizia, facendo un calcolo su circa 5 milioni di aziende, si parlava di circa 980 milioni di euro nelle casse di Viale Mazzini. Le proteste dei diretti interessati non hanno tardato a farsi sentire, e probabilmente hanno raggiunto il loro scopo. Subito pronta quella di Rete Imprese: “la richiesta del pagamento del canone a tutte le imprese, senza un riscontro delle reali situazioni operative, sembra rispondere ad una non dichiarata ma evidente esigenza di far cassa“.