Genova. Evento d’eccezione al Teatro dell’Archivolto: Emma Dante arriva venerdì 20 gennaio alle ore 21 e sabato 21 gennaio alle ore 16 con la sua nuova favola per bambini e adulti, Gli alti e bassi di Biancaneve.
Dopo essersi confrontata con successo nella scorsa stagione con la Cenerentola di Perrault, la regista palermitana ci offre ora un’originale versione della celebre fiaba dei Fratelli Grimm, trasformata in un racconto di formazione da cui è bandito ogni genere di buonismo.
Emma Dante riesce a portare la dimensione del grottesco e dell’onirico e quella sicilianità arcaica che da sempre caratterizzano il suo teatro. La cifra dello spettacolo è data da un gioco di sproporzioni, l’alto che diventa basso e il basso che si fa alto. Al contrario di Alice nel paese delle meraviglie, che cresce e rimpicciolisce continuamente, Biancaneve vede alzarsi ed abbassarsi il mondo intorno a lei. Circondata da creature buone e cattive che l’aiutano a diventare grande, Biancaneve fa esperienza, nello stesso tempo, della vigilia e dell’indomani, del più e del meno, del troppo e del non abbastanza, della causa e dell’effetto.
I nani insegnano a Biancaneve ad abbassare lo sguardo e ad essere umile mentre la regina madre le insinua nell’anima il pericolo di uno sguardo diritto verso l’esaltazione del proprio io.
I tre attori della Compagnia Sud Costa Occidentale in scena – Italia Carroccio, Davide Celona e Daniela Macaluso – interpretano tutti i personaggi in un gioco continuo di trasformismo, inclusi i nani, che in realtà sono piccoli minatori che parlano un siciliano medievale e hanno perso tutti le gambe in un’esplosione.
Sogni, paure, azioni malvagie, fughe verso la libertà, tutto viene riflesso nel famoso specchio interrogato dalla regina matrigna di Biancaneve, mentre tutto continua ad alzarsi e ad abbassarsi. “Tutto è sproporzionato nello spettacolo, come sono le cose che all’inizio vedono i bambini” -commenta la regista. “I loro occhi, sgombri da forme convenzionali, vedono grande e spaziosa una stanza dove noi da tempo ci sentiamo prigionieri”.