Cronaca

Costa Concordia, class action Codacons a Miami, Proner: “In America la giustizia funziona, vinceremo”

Genova. “L’Italia ha la bellezza, però noi in America abbiamo un sistema di giustizia che funziona, anche per i passeggeri italiani e di altra nazionalità che stavano sulla Costa Concordia. Noi oggi offriamo questo, giustizia”. Così l’avvocato americano Mitchell Proner oggi alla conferenza stampa indetta dal Codacons a Genova.

L’associazione ha lanciato, in collaborazione con i due studi americani Napoli Bern Ripka Shkolnik LLP e Proner&Proner, un’azione collettiva a Miami negli Usa contro Costa Crociere e la Carnival per far ottenere a tutti i passeggeri internazionali coinvolti il giusto risarcimento per i danni subiti.

“Se in Italia dicono che la class action sia inutile – ha rincarato Proner – in America invece funziona ed è veloce. Ci sono due sistemi: uno penale in Italia, uno civile in America che funziona ed è solido. Vinceremo, perché prendiamo tutti i passeggeri”.

Già iscritto a ruolo il 27 gennaio 2012 davanti alal corte di Miami il primo ricorso relativo ai primi 6 passeggeri che si sono rivolti al Codacons. “Abbiamo chiesto 10 milioni compensatori poi 450 milioni di dollari punitivi, vogliamo prima di tutto compensazione e poi cambiare il sistema delle crociere – ha concluso il legale – Carnival che controlla gran parte dell’industria crocieristica, ha guadagnato 14,5 miliardi solo nell’anno scorso, ma rischiando la vita passeggeri e non è giusto”.

E’ possibile per tutti i passeggeri italiani e stranieri iscriversi compilando l’apposito modulo sul sito www.codacons.it. senza nessun anticipo di spese. Aderendo all’azione si potrà entrare anche come parti civili nel processo penale in corso a Grosseto nel quale il Codacons è già costituito parte offesa per chiedere i danni a responsabili diretti “come il comandante Schettino e gli altri ufficiali di bordo”.

“Abbiamo inoltre richiesto una nuova analisi del sangue per Schettino – ha spiegato oggi Carlo Rienzi, presidente Codacons – perché forse il campione delle urine era conservato male. Non abbiamo consigliato di accettare gli 11 mila euro inoltre va ricordato che chi partecipa alla class action non paga nulla”.

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