Varazze. Non potrà scendere in campo per cinque anni, fino al 18 gennaio 2017. Marjan Zefi, calciatore del Varazze Don Bosco, è stato individuato quale unico responsabile dei fatti avvenuti domenica al Gambino di Arenzano, al termine della partita tra la sua squadra e la Dianese.
“Al termine della gara – si legge nella motivazione del comunicato ufficiale della Figc – una volta raggiunti gli spogliatoi si scagliava contro alcuni giocatori della squadra avversaria, colpendone uno violentemente con un pugno al volto; successivamente si recava nel proprio spogliatoio, ove prendeva un oggetto tagliente, con la cui lama feriva alla nuca un altro calciatore avversario, provocandogli un evidente taglio”.
“Veniva bloccato ed allontanato – prosegue il comunicato – grazie al provvidenziale intervento dei calciatori presenti. In conseguenza del fatto lesivo il giocatore della Dianese ferito alla nuca si recava presso il pronto soccorso dell’ospedale di Imperia ove i sanitari diagnosticavano la ‘ferita lacera – contusa cuoio capelluto’ che gli veniva suturata e medicata con attestazione di prognosi pari a giorni sette. Al di là delle non gravissime conseguenze lesive cagionate con la sconsiderata condotta posta in essere dal calciatore, evidentemente in un momento di stato d’ira, ma con la coscienza e l’accettazione del rischio di mettere a repentaglio l’incolumità fisica dell’avversario, si rileva comunque l’estrema gravità e pericolosità dell’azione violenta messa in atto che, proprio per la sua modalità di esecuzione, desta particolare allarme sociale nel mondo calcistico e che, soprattutto, avrebbe potuto comportare conseguenze lesive ben più gravi di quelle effettivamente concretizzatesi e che, verosimilmente e per fortuna, non sono si sono verificate grazie all’intervento dei giocatori di entrambe le squadre presenti negli spogliatoi”.
“Onde poter determinare la sanzione ritenuta equa ed appropriata – sottolinea il giudice sportivo – in relazione al comportamento di cui si è reso tristemente protagonista il giocatore Marjan Zefi, occorre ora analizzare il pericoloso gesto d’impeto del capitano del Varazze, al fine di poter valutare la particolare gravità e pericolosità della summenzionata condotta violenta, connotata da dolo intenzionale ed in assoluto contrasto con il rispetto dell’integrità fisica altrui e dello stesso bene della vita che trovano sempre ampia tutela nell’ordinamento sportivo nazionale, che è bene sottolinearlo, è di natura settoriale e di diretta derivazione dell’ordinamento generale dello Stato con tutte le conseguenze logico-giuridiche che ne conseguono, soprattutto per quanto concerne la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo”.
“Nel caso in questione le lesioni sono state poste in essere al termine della gara – prosegue -: il calciatore Marjan Zefi prima sferra un violento pugno nell’occhio ad un avversario, e poi rientra nel suo spogliatoio per afferrare un oggetto tagliente che utilizza come arma mettendo in scena un vero e proprio agguato in danno di un altro calciatore avversario che fortunatamente ferisce solo di striscio grazie all’intervento dei giocatori presenti”.
“E’ evidente, dunque – ribadisce il giudice -, come il capitano del Varazze abbia agito senza che vi fosse alcun rapporto di funzionalità con il giuoco, addirittura, quando i giocatori avevano già raggiunto gli spogliatoi; ne consegue che nella fattispecie la gara sportiva ha rappresentato la mera occasione per cagionare l’evento lesivo. Importante ribadire, a tal proposito, che il presupposto fondamentale dell’attività sportiva è quello dedicato alla valorizzazione dei principi di lealtà, correttezza e rispetto per la salute umana, ai quali tutti i soggetti praticanti si devono ispirare in ogni rapporto di natura agonistica e,comunque riferibile all’attività sportiva in genere (amatoriale, dilettantistica o professionistica che sia)”.
“Non vi è dubbio, in definitiva – afferma il giudice nel comunicato -, dunque che il gesto di cui si è reso responsabile il calciatore Marjan Zefi, peraltro capitano della squadra, al di là delle effettive conseguenze lesive cagionate, è molto grave evidenziando una pericolosa attitudine verso inaccettabili ed incontrollabili condotte violente che l’ordinamento sportivo ripugna fermamente. Alla luce delle summenzionate motivazioni si ritiene che nel caso in questione la sanzione equa ed appropriata per il comportamento del calciatore Marjan Zefi non può che essere quella corrispondente al massimo editale della pena prevista dal Codice di Giustizia Sportiva, e cioè di cinque anni”.
“Occorre, tuttavia – evidenzia il giudice -, tener conto del fatto che il predetto calciatore nelle passate stagioni sportive, disputate nei campionati liguri, non ha mai riportato squalifiche per comportamenti violenti o comunque tali da far emergere una personalità incline alla violenza, per cui in considerazione della funzione rieducativa della pena finalizzata al reinserimento sociale e soprattutto della mancanza di precedenti specifici si ritiene di non applicare l’ulteriore sanzione della preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della Figc”.
“E’ evidente – conclude – che la squalifica in questione comporta delusione e rammarico per l’allontanamento dall’attività sportiva svolta per passione da un giovane calciatore, ma nel contempo la sanzione deve, oltre che prevenire condotte e reazioni così gravi e violente, anche tutelare il fondamentale bene della vita e dell’integrità fisica altrui, che non può essere mai messa in discussione ed in pericolo da gesti incontrollati in relazione ad una qualsiasi partita di calcio”.