Economia

Aste per le spiagge nel decreto Monti, Borgo (Sib): “Una riffa quadriennale per ricchi, la morte del turismo balneare”

riccardo borgo, presidente sib

Bergeggi. I balneari tornano in mobilitazione, di fronte alle previsioni del decreto legge sulle liberalizzazioni. La bozza del testo approntato dal governo Monti parla di aste pubbliche, della durata di 4 anni e non rinnovabili automaticamente.

“Ne beneficiano solo le grandi aziende, come Eni o Snam, o non gli altri settori, quale quello balneare, che conta decine di migliaia di aziende: queste realtà a gestione familiare hanno dimostrato sino ad oggi di essere altamente competitivi nel mercato internazionale delle vacanze dando lustro, successo e, soprattutto, centinaia di migliaia di posti di lavoro in tutto il Paese” commenta il presidente del Sib e sindaco di Bergeggi, Riccardo Borgo.

Insomma, dovrebbe arrivare il momento delle gare pubbliche per le concessioni del demanio marittimo per attività turistico-balneari. La selezione del concessionario sui beni del demanio marittimo avverrà attraverso “procedure a evidenza pubblica trasparenti, competitive e debitamente pubblicizzate, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”. A favore dei precedenti concessionari è riconosciuto un diritto di prelazione.

“E’ stupefacente la decisione di ricorrere allo strumento del decreto ‘prendere o lasciare’ che liquida un settore di successo dell’economia italiana – osserva il presidente del Sindacato Italiano Balneari – Appare incomprensibile la previsione di una durata delle concessioni di 4 anni e non rinnovabile. Sarebbe questo il modo più sicuro per rendere anche il nostro settore precario in eterno e tale da portare il concessionario a cercare di massimizzare i profitti senza investire”.

Borgo rincara, facendosi portavoce della posizione anche delle altre sigle sindacali: “Scatterebbe così una vera e propria ‘riffa quadriennale’ nella quale gli unici soggetti che potrebbero partecipare e vincere sono coloro che dispongono di denaro facile e in grande quantità. Non certo le 30.000 famiglie che sono l’anima delle imprese balneari che, su quelle spiagge, hanno profuso risorse e anni di lavoro”. “Si tratterebbe – conclude – della morte certa del turismo balneare italiano”.

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