Genova. Per l’assemblea nazionale delle Province è “insensato e inaccettabile dal punto di vista istituzionale che il tema dell’abolizione delle Province, che ha un impatto profondo sulla forma di stato prevista dalla Costituzione, sia inserito in un decreto legge che ha l’obiettivo di salvaguardare le finanze pubbliche: non ci sono né i presupposti di necessità e di urgenza, né si determinano risparmi di spesa”.
Lo si legge nell’ordine del giorno votato dall’assemblea riunita a Roma nella sede UPI (alla quale per la Provincia di Genova hanno partecipato il presidente del Consiglio Provinciale Alfonso Gioia, l’assessore Alberto Corradi, il capogruppo Pdl Giuseppe Rotunno e il presidente della commissione lavori pubblici Massimo Ferrante del Pd).
Il documento prosegue: “al contrario, la scelta di abolizione delle Province ingenera confusione, pone nel caos le amministrazioni territoriali che oggi dovrebbero essere in prima linea a cercare di dare risposte alla crisi, causa disservizi per i cittadini e i territori, porta ad un sensibile aumento della spesa pubblica, come rilevato in estate dalla competenti commissioni parlamentari e dalla stessa ricerca oggi prodotta dall’Università Bocconi”.
E le disposizioni approvate, dice il documento UPI “sono palesemente in contrasto con i principi e le disposizioni costituzionali che disciplinano i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali ed, in particolare, gli articoli 5, 114, 117 (comma 2, lettera p) e comma 6), 118 e 119 della Costituzione”. Norme che inoltre, si legge “hanno una valenza meramente demagogica e sono frutto di improvvisazione e confusione istituzionale”.
Le Province italiane sono “le istituzioni intorno alle quali è stata costruita 150 anni fa l’Italia unita e sono oggi le istituzioni costitutive della Repubblica che più stanno dando il loro contributo nella riduzione della spesa pubblica e nel rilancio degli investimenti nei territori” e questi enti “sono pronti a fare la loro parte per il risanamento delle finanze pubbliche ma non possono accettare di essere il capro espiatorio per coprire i tagli ai costi della politica e agli sprechi della pubblica amministrazione italiana”.
Le disposizioni del decreto legge sulla manovra “inseguono derive demagogiche a scapito della democrazia” dice l’assemblea della Province e sviliscono questi enti “quali istituzioni costitutive della Repubblica” e ne delegittimano “gli organi di governo che sono stati eletti a suffragio universale, direttamente dal popolo: nella storia d’Italia i consigli provinciali sono stati sciolti d’imperio soltanto durante la dittatura fascista”.
La strada per una riduzione della spesa pubblica “vera e sostenibile e per il risanamento del Paese” passa secondo l’UPI “attraverso una proposta unitaria di riordino complessivo delle istituzioni territoriali” che deve essere elaborata “celermente e condivisa da Stato, Regioni, Province e Comuni e non imposta per decreto legge”. Le Province si dichiarano pronte “da subito a fare la loro parte e ad autoriformarsi e si augurano che anche gli altri livelli istituzionali abbiano la stessa responsabilità” e nel documento indicano le loro proposte:
Le Province daranno “una coerente attuazione alle disposizioni normative
sull’individuazione dei fabbisogni standard, per realizzare processi di efficienza e miglioramento nel funzionamento delle loro strutture che portino da subito a risparmi concreti e non aleatori”. Le Province “ritengono essenziale che ogni
livello di governo si concentri in modo organico sulle sue funzioni” e questi enti “ vogliono concentrare la loro attività sulle funzioni fondamentali di area vasta già individuate nella legge sul federalismo fiscale” e sono favorevoli “al trasferimento delle funzioni di prossimità attualmente esercitate ai Comuni, singoli e associati, in attuazione del principio di sussidiarietà”.
Secondo i principi costituzionali “di adeguatezza e differenziazione, le Province chiedono di avviare da subito un processo condiviso per accorpare le Province
intorno ad una dimensione adeguata per l’esercizio delle funzioni di area vasta e, allo stesso tempo, istituire le Città metropolitane”. Per l’assemblea nazionale Upi “è essenziale, in ogni caso che tra i Comuni e le Regioni ci sia anche in Italia, come in tutta Europa e come è previsto dalla Carta europea delle autonomie locali ratificata dal nostro Parlamento, un ente intermedio con funzioni reali di area vasta e di coordinamento territoriale, i cui organi siano legittimati direttamente dal popolo e non nominati”.
Per questi motivi le Province “chiedono con forza al Governo, al Parlamento e alle forze politiche di sopprimere tutti gli enti e le strutture non direttamente
legittimate dal popolo (Ato, Agenzie, consorzi, enti, società…) che rappresentano i veri costi della cattiva politica, trasferendo le loro funzioni agli
enti territoriali previsti dalla Costituzione”. Inoltre chiedono al Governo “di procedere da subito all’attuazione della ‘spending review’ e di razionalizzare profondamente l’amministrazione periferica dello Stato”.
L’Assemblea Upi per questo “richiede al Parlamento di stralciare le norme ordinamentali contenute nel provvedimento e di portare immediatamente in aula le diverse proposte sull’abolizione o razionalizzazione delle Province” in modo che “si apra un dibattito serio sul modello di Stato del nostro Paese e si faccia una scelta chiara da parte di ciascuna forza politica”. In questa prospettiva le Province “si impegnano da subito a promuovere una forte azione di sensibilizzazione di tutti i partiti politici e i gruppi Parlamentari” affinché le proposte contenute nel loro ordine del giorno “siano condivise per riaffermare la necessità delle Province come livello di governo territoriale previsto nella Costituzione; tutti gli amministratori delle Province italiane, nel rispetto del mandato elettivo e della carica pubblica ricoperta democraticamente in base
alla volontà popolare, continueranno a svolgere con senso di responsabilità fino in fondo le loro funzioni per rispondere alle domande pressanti dei cittadini e dei territori e per difendere il ruolo e il carattere democratico delle istituzioni provinciali. le Province si attiveranno da subito presso i Consigli regionali delle
autonomie locali per richiedere l’impugnazione davanti alla Corte
costituzionale delle norme lesive dell’autonomia politica ed istituzionale delle Province e, specificamente, delle norme relative alla soppressione del carattere democratico degli organi e alla loro decadenza prima della scadenza naturale del mandato elettivo, utilizzando gli strumenti dalla legge 131/03”.
Le Province, inoltre “chiederanno alle Regioni e ai Comuni di condividere insieme una proposta di riforma delle istituzioni che parta dai territori” e
chiederanno “un incontro immediato al Presidente della Repubblica, ai
Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, per illustrare le nostre proposte”.