Stress da lavoro per 9 milioni di italiani, sette su dieci sono donne

Medici

C’è chi fa notte in ufficio, chi resta incollato allo schermo per ore, chi lavora alla catena di montaggio quasi senza sosta, chi si sente schiacciato dalle responsabilità o lavora in ambienti ostili, dove il conflitto rende difficile comunicare. E soprattutto ci sono le donne che si dividono fra carriera e famiglia con ritmi sfiancanti.

Il posto di lavoro è pieno di insidie e non sempre i dipendenti riescono a fare buon viso a cattivo gioco. Il risultato è che 9 milioni di italiani si ‘ammalano’ di stress da lavoro e 7 su 10 sono donne. A tracciare il quadro della salute psichica dei lavoratori italiani lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’Azienda ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano. L’esperto lancia l’allarme sulla “scarsa attenzione da parte delle aziende alla salute psichica dei lavoratori, e soprattutto a quella delle dipendenti donna”.

L’età più a rischio? “E’ quella in cui si mischia la fase della maternità e quella dell’attività professionale più intensa. Dunque dai 30 ai 40 anni”, spiega Mencacci. Donne che faticano a star dietro a tutti gli impegni della loro vita. Da un lato il lavoro che ‘inghiotte’ gran parte della giornata e richiede sforzi fisici e mentali crescenti; dall’altro il partner, i figli da seguire nella crescita, la casa da gestire. Le più affaticate, secondo lo psichiatra, sono le manager. “Lo stress colpisce in assoluto di più le dirigenti e successivamente le impiegate e le operaie.

La condizione di dirigente, che deve garatire prestazioni di alto livello, si presta a questo disagio. Basti pensare alle riunioni che vengono fissate spesso alle 7 di sera, e che costringono le donne con figli ad affrontare problemi inutili. Tutto si ricollega a un unico aspetto: quello dell’organizzazione del lavoro, che in Italia non è concepita per far sì che ci siano donne ai vertici”. Lo stress da lavoro si manifesta con “sintomi d’ansia, insonnia, malesseri come mal di schiena e problemi intestinali. Piano piano – spiega Mencacci – si perde la capacità di saper rispondere alle richieste che arrivano dall’ambiente circostante”.

E il meccanismo si inceppa: la persona stressata si sente “sempre più marginale, inerme, passiva, fino all’emarginazione. Il risultato è che abbiamo perso un lavoratore, ma anche una persona. E soprattutto nel caso della donna – la cui identità e autostima sono ormai legate al lavoro e non solo all’immagine tradizionale di moglie, madre e custode della casa – a pagare il prezzo di questa perdita è anche la famiglia”. Nove donne ‘malate’ di stress su 10 soffrono di disagi psichici e disturbi dell’umore: su tutti l’ansia (45%), seguita da sindrome pre-mestruale (43%), irritabilita’ ed eccessiva tendenza al pianto (41%) e insonnia (39%). In agguato anche la depressione (20%). Nella mappa dello stress sul lavoro ci sono le donne giovani alle prese con le alterazioni ormonali nelle diverse fasi riproduttive (gravidanza, puerperio), e quelle che lavorano a contatto con il pubblico: entrambe le categorie sono più vulnerabili agli stati d’ansia e in percentuali minori a sindromi depressive, che sono invece più tipiche dell’uomo adulto con mansioni esecutive.

Anche se per legge le aziende sono obbligate a misurare lo stress a cui sono sottoposti i dipendenti, oggi questo aspetto è trascurato. “Solo il 20% delle aziende ha preso iniziative in risposta a questo decreto legislativo presente già dal 2010. C’è ancora moltissimo da fare – avverte lo psichiatra – anche perché non si può sottovalutare il fatto che i disturbi psichici sono in aumento”. Dati europei segnalano che i cittadini con problemi di salute mentale sono raddoppiati in 5 anni, da 82 milioni nel 2005 a 164 milioni nel 2010. Se 5 anni fa questi problemi colpivano il 27% degli europei, oggi riguardano il 38,2%. Con conseguenze anche per il mondo del lavoro, che si traducono in assenze e cali di produttività. I costi sono alti, si stima arrivino a quote pari all’1% del Pil. Sempre di corsa, con un occhio puntato sul BlackBerry e poco tempo per mangiare. Per i manager la tavola, durante una giornata di lavoro, può essere un miraggio.

“Ma è proprio dall’alimentazione che arrivano le mosse vincenti per essere sempre al ‘top’ e non sbagliare decisione. Meno stress, quindi, e più energia”. Parola di Giorgio Calabrese, docente di nutrizione umana all’università del Piemonte Orientale di Alessandria. “Fondamentale fare 5 piccoli pasti al giorno, ma ben divisi nell’arco della giornata – spiega Calabrese all’Adnkronos Salute – inoltre dopo una sveglia molto presto e una buona colazione è bene già fare un primo ‘break’ intorno alle ore 10. E qui – suggerisce l’esperto – sono d’aiuto anche i ‘fuori pasto’, come spuntini confezionati a base di latte e cereali. Non sporcano le mani, sono pratici e inoltre danno la giusta quantità di carboidrati semplici. Indispensabili, quindi, per arrivare al pranzo o per raccogliere le energie in vista di riunioni importanti”. Regolarità, leggerezza ed energia. Sono queste le parole chiave a tavola per chi ha ruoli di responsabilità e posizioni di comando. Ma cosa non deve mancare nell’agenda della salute del manager? “Se ci si alza prestissimo non può mancare un caffè – risponde Calabrese – abbinato al latte, per chi non ha intolleranze. Preferire fette biscottate con marmellata o crema spalmabile alle nocciole, o della frutta. Distribuite negli hotel – spiega l’esperto – in pratiche porzioni monodose, già nella porzione giusta”.

A poche ore dal risveglio è già il momento ‘clou’ della mattina per un professionista. “Ecco – sottolinea il nutrizionista – il primo ‘break’ della giornata. Si può scegliere tra una spremuta, del miele con fette biscottate. O dei semplici ‘fuori pasto’ a base di latte e cereali, pratici perché non ingombrano in borsa e non sporcano le mani. La spinta perfetta di fibre e carboidrati semplici per arrivare al pranzo”. Il pranzo nell’agenda del manager è sempre in compagnia. Colleghi, clienti o semplicemente tempo da guadagnare per lavoro straordinario. Ma guai a fantasie ‘Luculliane’. “Il pranzo del manager – suggerisce il nutrizionista – non deve essere eccessivo. Ecco quindi il ‘jolly’ della dieta mediterranea: un piatto di pasta con piselli – prosegue – un riso ai fagioli, una minestra con legumi o un piatto di pasta con ragù. E poi un frutto e il caffè”. Il pomeriggio è il momento in cui raccogliere le forze per arrivare alla fine della giornata lavorativa.

Per non perdere lucidità e decisionismo ecco il secondo ‘break’. “Anche qui posso facilmente bloccare al fame – suggerisce lo specialista – con i pratici fuori pasto o scegliere uno yogurt alla frutta”. La pausa pomeridiana permette di arrivare senza grande appetito alla cena. E se tutto è andato liscio staccarsi dal lavoro per rilassarsi a cena. “L’ultimo pasto deve essere consumato con tranquillità. E’ un anti-stress – sottolinea – quindi anche un primo e un secondo sono concessi. Via libera alla pizza, al minestrone di legumi, oppure al pesce, alla carne, alle uova o al prosciutto”. Su quali ‘orrori alimentari’ i professionisti non devono cascare? “Il salato al mattino – risponde Calabrese – il cornetto pieno di strutto, esagerare con l’alcol. E poi non devono pensare di saltare i pasti magari senza fermarsi mai.

Al contrario – avverte – i 5 pasti al giorno aiutano a combattere la fame e rifornire l’organismo dell’energie necessaria per lavorare”. Ma anche i manager possono concedersi uno strappo alle regole, soprattutto quando la giornata è andata storta. “Quando il professionista è in ‘down’ – conclude il nutrizionista – magari per un progetto che non è andato come avrebbe voluto, per contrastare lo stress o la depressione e rimettersi subito in gioco un bel cucchiaio di cioccolata fondente è perfetto”.

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