La “corsa verde” è andata letteralmente in tilt, durante il passaggio a Savona, nella seconda tappa partita da Loano e diretta a Vigevano. Il folto gruppo di contestatori, che ha sbarrato con un muro umano e a colpi di tricolore il torpedone, ha indotto gli organizzatori del Giro di Padania a deviare con una decisione improvvisa il percorso: con risultati tragicomici per gli atleti.
L’agonismo ha oggi toccato il suo acme politico. Sit-in, bandiere nazionali e inni alla Resistenza hanno spedito la gara nel caos. I ciclisti sono stati indotti a seguire un tragitto alternativo e cooptati in direzione Valloria, dove però hanno perso l’orientamento, disperdendosi tra le viuzze della collina savonese anziché scendere verso le Albisole. Con l’esito paradossale di una divisione in almeno due gruppi su direttrici completamente differenti.
Di fatto intorno alle 13 la Direzione di organizzazione, in accordo con il collegio di giuria, ha stabilito di fermare i quattro battistrada neutralizzando la corsa, riportando, come da regolamento, il gruppo sui fuggitivi, dando il via, lasciando un vantaggio di 3’00” ai battistrada.
I corridori sono stati poi recuperati e ricompattati dai mezzi dell’organizzazione in via dei Vegerio. Sono quindi passati nuovamente in via Paleocapa, con la carreggiata ormai aperta alla normale circolazione, costretti a fare zig zag tra le auto in marcia. Una vera e propria gimkana urbana, in quanto la via non era più preclusa al traffico veicolare.
La corsa, ideata dalla Lega e riconosciuta dalla Federciclismo, ha vissuto proprio oggi il picco delle costestazioni sulla strada. Con militanti di varia estrazione politica avvolti nel tricolore che hanno occupato l’asfalto. Ieri il furore delle contestazioni e gli atti eclatanti, soprattutto a Mondovì, avevano già inasprito la polemica, sino all’arrivo a Laigueglia dove la vittoria di Sacha Modolo è passata in secondo piano rispetto alla competizione politica.