Non supera i 22 mila euro, per la precisione 21.933, il reddito medio degli italiani. Il 78% dei contribuenti guadagna meno di 28.000 euro all’anno. L’inflazione pesa su ciascun cittadino come una “tassa” da 235 euro.
Nella terza giornata del proprio Incontro nazionale di studi, presente il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani mettono a disposizione i dati inediti dei 730 del 2011, sulla base di oltre 1.300.000 dichiarazioni di dipendenti e pensionati elaborate dai Caf Acli in tutto il territorio nazionale.
I redditi complessivi crescono dello 0,43% rispetto alle dichiarazioni del 2010, ma perdono l’1.07% a parità di potere d’acquisto. E’ la Lombardia la regione con il reddito medio più alto, 23.930 euro, ma con una perdita dell’1,48% rispetto all’inflazione. Segni di ripresa in Abruzzo, che vede crescere del 2.15% il reddito dei propri cittadini. Bene il Trentino (+ 2,48%). Crisi nera in Molise (-2,72%), Sicilia (-2,50%), Campania (-1,83%), Valle d’Aosta (-1,23%), Umbria (-0,76%), Marche (-0,70%), Sardegna (-0,51%), e persino Emilio Romagna (-0,19%), che vedono diminuire in termini assoluti i propri redditi rispetto all’anno precedente.
Per il presidente delle Acli, Andrea Olivero: “E’ evidente la condizione di difficoltà del Paese. La riforma fiscale da attuare con le legge delega del Governo deve assolutamente sostenere il reddito dei lavoratori e delle famiglie. I tagli annunciati alle detrazioni fiscali sono incomprensibili e inammissibili. I sacrifici vanno chiesti ai redditi più alti”.
Il “reddito complessivo” degli italiani (da non confondere col “netto in busta”, che è più basso) passa dunque in media dai 21.841 euro del 2009 (730 del 2010) agli attuali 21.933 euro. Un incremento dello 0,43% che viene vanificato dal parallelo incremento del NIC, l’indice nazionale dei prezzi al consumo, salito nell’ultimo anno dell’1,5%. A
A parità di potere di acquisto il reddito degli italiani cala dunque dell’1,07%. Una “tassa” su ciascun contribuente pari a 235 euro, che diventano 373 euro per i lavoratori dipendenti, che rispetto ai pensionati non hanno il “paracadute” rappresentato dall’adeguamento automatico all’inflazione. Cassa integrazione, contratti di solidarietà, rinnovi contrattuali senza aumenti, incidono sul reddito dei lavoratori dipendenti – 25.419 euro – cresciuto in media di appena 9 euro nell’ultimo anno (+0.03%), con un rapporto negativo rispetto all’aumento dell’inflazione dell’1,47%. In generale, tre italiani su quattro (78%) dichiarano meno di 28000 euro. Uno su tre (32%) resta sotto i 15000 euro di reddito complessivo annui. Sopra i 75000 euro il 2% dei contribuenti.
“Ma è dalle stesse tasche – affermano le Acli – che si rischia, nei prossimi due anni, di tirare fuori ancora qualcosa”. Il rapporto del Caf Acli ha infatti analizzato anche i dati delle detrazioni che ogni contribuente inserisce nella sua dichiarazione dei redditi. Dai familiari a carico ai mutui, dalle spese mediche all’università dei figli, Il governo ha infatti previsto una serie di tagli lineari nei prossimi due anni su tutte le forme di sgravi fiscali che porterebbero ad una riduzione del 5% il primo anno e del 20% nel secondo. Conti alla mano – hanno calcolato le Acli – ad ogni dipendente o pensionato, nei prossimi due anni si profila una riduzione delle detrazioni, e dunque un innalzamento delle imposte, di oltre 350 euro a testa.