Savona. A differenza di altri paesi europei, in Italia, e in Liguria in particolare, per un giovane è molto più difficile accedere al mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione e precarietà si concentra infatti proprio su questa fascia di età. La scelta della scuola diventa dunque fondamentale, insieme alle imprese e al territorio, per dare una risposta adeguata al problema.
“Molti ragazzi iscritti ai licei poi non reggono il ritmo e ripiegano così su istituti tecnici e professionali – spiega l’assessore regionale all’Istruzione e alla Formazione, Pippo Rosetti – La politica oggi deve prendere decisioni, anche impopolari, e determinare quale sia la funzione dei poli scolastici che consentano attrazione formativa per il territorio”.
L’Europa chiede sempre più titoli per l’accesso al mercato del lavoro o crediti per continuare gli studi fino all’inserimento professionale. Il rapporto forte tra formazione, scuola e lavoro, però in Italia, è ancora ostacolato. “E’ un problema di orientamento nella scuola media e di cultura delle famiglie – sottolinea Rossetti – Spesso il risultato dell’orientamento non trova risposta nelle aspettative e nei desideri dei genitori. Molti ragazzi si iscrivono ai licei, che così non riescono a esprimere la qualità adeguata, e poi li abbandonano, alla volta di istituti tecnici e professionali, vissuti però come ripiego. Ma non è vero che i laureati hanno più facilità all’accesso al lavoro. Molti diplomi tecnici in realtà sono in grado di conferire più rapidamente occasioni di lavoro ai ragazzi”.
Secondo l’assessore all’Istruzione va cancellata l’idea del percorso stereotipato liceo-laurea perchè “non risponde al mercato del lavoro e alle esigenze dell territorio e spesso non è nemmeno nell’indole, nella capacità e nei desideri dello studente”. Anche i genitori cioè vanno aiutati ad affrontare la scelta giusta, evitando fallimenti o una perdita dell’anno per i figli.
“La scelta dei licei d’altra parte svilisce anche gli stessi istituti tecnici, con scompensi sull’offerta scolastica in generale. Dobbiamo invece dimostrare alle famiglie che se si va al liceo – conclude Rossetti – non si è per forza migliori o con una possibilità certa di carriera”.