Cronaca

Caso Ruby Rubacuori, pm: “Ad Arcore un bordello per compiacere il premier”

ruby

Rinvio a giudizio per Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti con l’accusa di induzione e favoreggiamento della prostituzione anche minorile. E’ la richiesta fatta dai pm milanesi Antonio Sangermano e Pietro Forno al gup Maria Grazia Domanico nell’udienza preliminare a porte chiuse del Rubygate.

“Abbiamo parlato di un sistema strutturato per fornire ragazze disponibile a prostituirsi”, hanno dichiarato i pm. Anzi di un ”bordello” ”organizzato per compiacere il premier”. Un sistema in cui ”ciascuno aveva un proprio ruolo”. Lele Mora era “l’arruolatore”, il direttore del Tg4 era il “fidelizzatore” mentre Nicole Minette “si occupava dell’organizzazione logistica”. Dichiarazioni ”senza fondamento”, ha commentato l’avvocato del premier Niccolò Ghedini.

Anzi per l’avvocato sono ”in palese contrasto con la realtà ampiamente e puntualmente narrata da decine di persone che hanno affermato come mai siano avvenuti quei fatti indicati dalla procura. Si tratta quindi di una ricostruzione erronea che non resisterà al vaglio di un giudice super partes, che non potrà che riconoscere l’insussistenza dei fatti contestati”.

Dopo una lunga camera di consiglio, intanto, il gup Domanico ha accolto la costituzione di parte civile, come persone che hanno subito danni morali, patrimoniali e di immagine, di Ambra e Chiara, le due ragazze piemontesi finite in una delle serate organizzate per il premier a Villa San Martino. Dalle colonne di ‘Vanity Fair’, in edicola da mercoledì, parla Simone Giancola, da due mesi ex della Minetti. “Ho capito che Nicole, per il suo ruolo politico, aveva funzione di filtro tra Berlusconi e quelle ragazze. Era il punto d’incontro formale.

A quelle cene non sono mai stato, ma non mi scandalizza certo l’idea che potessero esserci anche giovani ‘animatrici”. Nel tracciare un profilo della loro relazione dice: “Una cosa è essere spregiudicati, ben altra e’ giocare sporco. Non parlo di legalità: quelle sono cose che stabilirà il processo. Esistono anche i paletti morali delle persone perbene. Io sono stato educato a quei valori, e li ho applicati anche nella mia storia con Nicole. Sono sempre stato al suo fianco, anche quando il livello dei dubbi mi arrivava alla gola”.

Sul perché della rottura Giancola è netto. “Ho avuto la prova che mi aveva mentito”. Il giovane imprenditore ripercorre la sua vicenda sentimentale: si parte da quando ha conosciuto Nicole su Facebook nel dicembre del 2009 (“Mi ha chiesto lei l’amicizia. Ho guardato le foto del suo profilo e ho subito accettato. Abbiamo cominciato a chattare e ci siamo visti la prima volta a febbraio”) per arrivare alla notte del 27 maggio 2010, quando era in compagnia della Minetti e questa viene chiamata per recarsi in Questura a ”soccorrere Ruby”.

Poi arriva il capitolo intercettazioni. “Mi telefonò per dirmi che era dovuta andare a Rimini dai genitori. Ebbene nelle intercettazioni del Rubygate ho letto che quella chiamata me l’aveva fatta dalla piscina di una villa di Berlusconi. Una rivelazione traumatica. Perché, da innamorato un po’ ingenuo, avevo sempre relativizzato il peso delle intercettazioni che la riguardavano. Ma, quando ho avuto un riscontro innegabile della bugia, è stato come cadere per terra dal decimo piano”.

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