Genova. C’è chi nelle orecchie ha ancora quel fischio di vent’anni fa: era il pomeriggio del 19 maggio 1991, poco prima delle 18. Il triplice suono emesso dall’arbitro sanciva il boato dei doriani. C’è chi ha negli occhi le bandiere, i vessilli e le batterie di fumogeni che festeggiavano la Samp campione d’Italia, in un Ferraris gremito da 40 mila persone. La partita delle partite non si dimentica nemmeno nell’ora dello sprofondamento.
Un’espressione convenzionale dice “ne è passata di acqua sotto i ponti”. Ma il gusto di quest’acqua, per gli irriducibili blucerchiati, poi non è più stato così dolce e dissetante come quello dello scudetto sudato nel ’91, per la prima volta nella storia del club. Unica volta. Il ricordo del tripudio e dello scudetto del cuore si è stemperato negli anni, sino alle lacrime del purgatorio: nel 1999 la discesa in B, poi la rialzata di testa nel 2003 con il ritorno in massima serie, ora nuovamente giù. In appena dieci mesi dalla zona Champions alla serie cadetta.
C’è anche un po’ di pena del contrappasso in questa stagione della Sampdoria. La vittoria del Lecce a Bari ha condannato i blucerchiati alla retrocessione. Vent’anni fa esatti il 3 a 0 sul Lecce (reti di Cerezo, Mannini e Vialli) proiettava invece la squadra nei fasti e i tifosi nel paradiso tanto sognato. “Sampstoria” titolava in copertina il “Guerin Sportivo”. Storia è rimasta. E l’obiettivo ora è solo quello di risalire la china.