Cronaca

La dignità blucerchiata nelle lacrime di Angelo Palombo (foto)

Genova. In un’annata disgraziata, Angelo Palombo non hai mai smesso di correre, di soffrire, di combattere. Una vita a recuperar palloni, direbbe qualcuno.

Ma Angelo Palombo non solo sa recuperare palloni, sa trattarli con cura, sa scandire il gioco, sa farli viaggiare.

Angelo Palombo è uno che anche fuori dal campo, anche quando la partita finisce, non smette di aver quella autorevolezza, quella capacità di prendersi la squadra sulle spalle o di darle una direzione.

In un’annata disgraziata la Sud non smette di cantare, rinvigorisce la voce e continua a girare gli stadi d’Italia, appendendo poi le speranze anche a quel tiro da distanze abissali che solo uno come il capitano poteva avere l’ardire di tentare, con la respinta goffa di Edoardo e il gol del pareggio di Pozzi, in un derby altrettanto disgraziato.

Angelo Palombo ha continuato a correre, a dare indicazioni ai compagni, a strillare, a provare a cambiare il destino di questa stagione. Al 95esimo dell’ennesima partita maledetta, quella di oggi contro il Palermo, al triplice fischio finale dell’arbitro Mazzoleni, ha smesso di correre, si è accucciato, ha appoggiato il braccio sinistro sull’erba, si è portato la mano destra agli occhi e ha cominciato a piangere.

Angelo Palombo, il capitano della Sampdoria, in lacrime.

I tifosi attorno hanno risposto cantando.

E subito dopo un gesto del genere, un momento del genere, accade quello che non ti aspetti, Palombo si rialza, continua a piangere e si indirizza verso la Sud, capo chino, spalle insaccate, mani giunte e chiede scusa. Piangendo. Prima a una curva e poi all’altra. E ancora sotto la Sud.

E subito in televisione e immediatamente dopo nei commenti alla radio o sui siti internet, si è cominciato a parlare di un gesto meraviglioso e atipico se relativizzato al calcio italiano. No. Non è un gesto meraviglioso se relazionato al calcio italiano, bensì è un gesto di unico civismo se relazionato a tutta la società italiana.

In quel gesto ci sono tre cose straordinarie. Tre, non una. Una persona che si assume con coraggio le proprie responsabilità. In un paese in cui ancora rimbombano gli applausi della Confindustria quando si è citato il caso della Thyssen Group, qualcuno che ammette di aver sbagliato è qualcosa di salvifico.

Palombo non si è fermato a prendersi le proprie responsabilità, ma con la dignità del suo sudore, con la consapevolezza del suo impegno, ha chiesto scusa. Piangendo. E viene in mente subito Genova e l’omertà di Bolzaneto e nessuno che hai mai chiesto scusa, a distanza di dieci anni dal G8, e nessuno che si è mai preso una responsabilità.

Il terzo passo di questo momento straordinario, di un uomo che si prende le proprie responsabilità come raramente accade e che chiede contemporaneamente scusa, è che poi le scuse siano accettate. I tifosi sampdoriani guardano il loro capitano, molti non trattengono le lacrime, tutti cantano e applaudono. Prendersi le proprie responsabilità e chiedere scusa. Terza mossa: accettare le scuse. Lirismo civico.

Una dignità che non ha categorie, un civismo che non ha eguali e che rischia di avere poco futuro.

Visto come va il calcio, Genova molto probabilmente sarà costretta a salutare il capitano Angelo Palombo che andrà a giocare chissà dove. Fortunatamente la Sud rimarrà ancora al suo posto e ricorderà il capitano Angelo Palombo e questo gesto di civiltà, dignità e coraggio che assieme hanno saputo regalare. A tutti.

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