“Oggi la capacità produttiva dei cantieri navali è doppia rispetto al previsto sviluppo della domanda di commesse. Per questo occorre un riequilibrio”. Lo dice Corrado Antonini, presidente di Fincantieri, in un’intervista al Sole 24 Ore, motivando il piano industriale appena presentato dal gruppo.
“Nei Paesi europei competitor dell’Italia nella costruzione di navi da crociera questo riequilibrio è stato già avviato, almeno per quanto riguarda la concentrazione dei siti produttivi. Si è trattato di una progressione iniziata alla fine degli anni ’70. In quel periodo, la produzione di navi mercantili ha cominciato a spostarsi verso Oriente: in Giappone. Il trend è proseguito fino a metà degli anni ’80, quando è entrata sul mercato la Corea che ha fatto una politica molto aggressiva nella cantieristica. Poi, nel 2000, è arrivata la Cina”.
“La cantieristica ha come clienti operatori globali – prosegue – Ma mentre l’armatore può costruire dove vuole, i cantieri sono legati al territorio e non possono tutelarsi con barriere come dazi doganali o artifici burocratici per battere la concorrenza. L’unica cosa che l’Europa ha potuto fare, per un certo periodo, è stato concedere contributi pubblici ai suoi cantieri navali per coprire fino al 30% del prezzo di una costruzione. Gli aiuti sono stati erogati in modo decrescente fino al 2000, quando sono terminati, anche perché si intravedevano gli albori di un boom dello shipping che effettivamente poi c’é stato ed è durato fino al 2008”.
“A questo punto – afferma Antonini – l’indicazione, per ogni Paese, è preservare l’attività economicamente sostenibile” e Fincantieri “in una situazione in cui il mercato richiede efficienza deve esserlo almeno come tutti gli altri competitor. Finora siamo stati i leader mondiali nella costruzione di navi da crociera. Ma quando si fanno i confronti con l’estero, si vede che in altri Paesi sono già state compiute azioni di concentrazione delle attività. In Francia c’é un solo grande cantiere, lo stesso in Germania e in Finlandia due”.