Genova. Le parole dell’arcivescovo di Genova, e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco arrivano dal Santuario della Guardia: “Un dolore tanto più sconvolgente perché improvviso e inatteso, perché nulla lo faceva presagire ai nostri occhi”. E’ il commento all’arresto per abuso su minore e cessione di stupefacente del parroco di Sestri Ponente, don Riccardo Seppia. “Vogliamo affidare alla Madonna – ha aggiunto il porporato – quanti hanno subito scandalo in qualunque modo e dire a loro la nostra vicinanza umile e sincera”.
“Chiediamo alla Vergine Maria – è la preghiera del cardinale Angelo Bagnasco – di avere ognuno il coraggio della verità, di guardarci nel profondo per cantare le opere del Signore, perché l’amore del Signore è fedele e eterno. E’ necessario anche riconoscere le ombre da fugare, le pieghe da affrontare, la sensibilità spirituale da curare, perché non venga meno la preghiera quotidiana come ci chiede la Chiesa, la confessione sacramentale regolare e frequente, luogo di libertà e di rigenerazione”.
“Noi crediamo – aggiunge il porporato – che la prova e il senso di sgomento ci porteranno a salutari riflessioni su quel cammino di conversione dal quale nessuno è mai esente, ma che interpella senza sosta ogni discepolo di Cristo, ogni vero ministro di Dio”.
“Avvenire”, il quotidiano dei vescovi, intanto, prende posizione contro “Repubblica” per i toni generalisti usati ieri in un articolo su don Seppia. In un editoriale firmato da Davide Rondoni e intitolato “Quelle spirali cieche e velenose”, si afferma che l’articolo di Repubblica è una “malignità, ma soprattutto una corbelleria”, per il suo tentativo di “imputare la tremenda e spavalda doppia personalità di don Seppia alla sua educazione cattolica”.
Rondoni critica il fatto che l’articolo disegnasse una Genova di “omertosi” e tentasse di “tirare in ballo” il cardinale Bagnasco, “capovolgendo ignominosamente il suo ruolo di padre e di maestro” in “quello di istruttore alla dissimulazione e all’ombra complice e omertosa”.
“L’importante – commenta Avvenire – era accendere la macchina del fango. A chi giova? E’ davvero povera una battaglia culturale, magari legittima, che ricorre a questi mezzi, a questo disprezzo dei fatti e delle persone coinvolte, per spostare l’attenzione sull’obiettivo che si è in animo – sempre e comunque – di colpire. Ma non potrà certo lamentarsi – conclude il quotidiano dei vescovi – chi si comporta così se poi – naturalmente per colpa di altri, dirà, dissimulando, – il livello del dibattito nel Paese si imbarbarisce e si attorciglia. In spirali cieche e velenose”.