Genova. La quarta giornata della memoria di Genova segue le analoghe cerimonia tenute dal 2008 a Roma, Napoli, Milano. Coincide con la giornata mondiale per la libertà di stampa promossa dall’ONU e, oggi, cade nell’anniversario dell’omicidio di Walter Tobagi, anch’egli vittima del fuoco brigatista.
Il presidente del consiglio provinciale Alfonso Gioia, nei saluti, ha ricordato “la fabbrica del male che non solo uccide e ferisce, ma si macchia ogni giorno di violenze, minacce e intimidazioni”.
La vice presidente emerita della corte costituzionale Fernanda Contri e il prefetto Musolino hanno sottolineato come sia “vita di tutti i giorni il sacrificio di molti giornalisti”. Quelli che Rosario Monteleone, presidente del consigli regionale ha definito “Eroi del nostro tempo”.
Nella sala gremita di un pubblico “qualificato e qualificante” come lo ha definito il presidente del consiglio comunale Giorgio Guerello, erano presenti parlamentari, amministratori, autorità civili e militari, superstiti e familiari delle vittime. Edoardo Pusillo, giornalista e presidente del gruppo cronisti liguri, ha rammentato “il triste primato di Genova. Qui è cominciato l’attacco”.
Vittorio Bruno, la prima vittima, ricorda così: “le BR avevano bisogno di visibilità. Quello fu l’inizio di una triste campagna di propaganda”. Una propaganda scritta con il rosso del sangue e a cui i giornalisti opposero e oppongono il nero del loro inchiostro. Dopo Bruno e Montanelli, fu la volta di Emilio Rossi, direttore del Tg1, crivellato a Roma da dodici proiettili.
Ma poi c’è stata la lunga stagione della criminalità e delle mafie. Enzo Iacopino, presidnete dell’ordine ha voluto ricordare le parole di Pippo Fava: “Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento, dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo”. Per questo fu ucciso. Per questo hanno ricordato Guido Columba, presidente dell’Unci, Attili Lugli, presidente dell’ordine della Liguria e Marcello Zinola, segretario della “Ligure”, non bisogna mai abbassare la guardia, “stare tutti dalla stessa parte” quella della libertà di informare. Una libertà che vede l’Italia solo al 49° posto nel mondo assieme a stati sudamericani e africani.