Genova. Un maxi sequestro di capi di abbigliamento, calzature ed accessori, in tutto circa 2 mila pezzi con il marchio contraffatto di famose griffe di moda, è stato messo in atto dai finanzieri della Tenenza Genova Sestri.
I militari della guardia di finanza hanno scovato, inoltre, due magazzini gestiti da cittadini africani e ricolmi di merce illecita, tra cui 600 orologi di varie marche e modelli, tutti riproducenti il marchio di prestigiose case, quali Panerai, Rolex, Breitling e Omega.
Alcuni giorni fa i militari della squadra volante Aeroporto, dopo lunghe e articolate attività di indagine con appostamenti, pedinamenti e monitoraggio di merci presso i principali corrieri espressi con sede nel ponente cittadino, sono venuti a sapere di una consegna di due pacchi particolarmente sospetti che, provenienti dalla Grecia, erano destinati a due cittadini extracomunitari abitanti in via S.Bernardo a Genova.
Al momento della consegna dei pacchi erano presenti anche alcuni finanzieri in borghese. Gli agenti hanno chiesto di visionare il contenuto delle scatole, ma proprio in quel frangente i due cittadini stranieri tentavano una precipitosa fuga per i vicoli. Raggiunti, però, dagli agenti, sono stati bloccati ed stato dato il via alle indagini. Qui la scoperta di due magazzini in uso a cittadini senegalesi complici dei fermati con all’interno circa 1400 capi di abbigliamento, calzature ed accessori di moda tra cui borse, cinture, portafogli e occhiali tutti con marchio contraffatto di note griffe.
La riproduzione della merce e del relativo marchio risulterebbe di pregevole fattura, tanto da ingannare anche un occhio esperto e questo autorizza ad ipotizzare che i prodotti sequestrati sarebbero stati venduti sul circuito clandestino a prezzi che avrebbero garantito un lauto guadagno ai contraffattori. A titolo di esempio, basti pensare che i più pregiati degli orologi rinvenuti sarebbero stati posti in vendita anche a 80 o 100 € ciascuno. Il valore di vendita è stato stimato in circa 75.000 € complessivi.
Questo dimostra ancora una volta quanto remunerativo resti il mercato del falso, che trova un indubbio e vantaggioso approvvigionamento nell’industria del “Made in China”, da dove la quasi totalità della merce in questione risulterebbe provenire.