Lettera al direttore

Rasetto (Pd): “Ero in piazza perché non mi arrendo al degrado civile e morale”

Io c’ero in piazza domenica 13. C’ero da cittadino, segretario di partito e uomo.

C’ero da cittadino perché non mi rassegno al degrado morale e civile in cui è sprofondata la nostra povera Italia, per tentare di preservare un nucleo condiviso di valori per me stesso e per gli altri.

C’ero per ribellarmi all’ipocrisia, al capovolgimento ed al travisamento della realtà : il problema non è solo dimostrare la veridicità o meno della commissione dei due gravi reati come la concussione e il favoreggiamento della prostituzione; il problema non è quello di demandare il giudizio morale, politico e civile alle aule giudiziarie. Il Presidente del Consiglio, come qualunque altro cittadino, avrebbe il dovere di presentarsi davanti alla magistratura per sottoporsi al giudizio, ma è l’intera comunità a dover giudicare il decoro e la sobrietà, l’ etica e il rigore morale , le falsità, gli intrighi, la propaganda, a dover valutare la corrispondenza tra principi professati, di cui ci si riempie la bocca in campagna elettorale ed i comportamenti conseguenti, l’onere dell’esempio.

C’ero come segretario perché non mi consola l’opinione autoassolutoria che la politica non sia altro che lo specchio, né migliore né peggiore, della società che rappresenta, che nella società ci siano “i buoni e i cattivi” come nella politica. Non è così, perché la politica può fare qualcosa in più, può scegliere, può selezionare i suoi riferimenti sociali, può stabilire legami, può incarnare valori, può illuminare alcune parti dello specchio ed oscurarne altre.

C’ero perché il nostro è davvero un povero Paese se le madri ed i padri non riflettono più sul destino delle loro figlie, se un popolo non percepisce la riluttanza interiore a farsi rappresentare in questo modo nel Paese e all’estero, perché mi oppongo all’acquiescienza disperante e disarmante di parte del popolo italiano, alla politica che si sente immune dal giudizio pubblico, che pensa di aver diritto ad ogni benefit, escort comprese , all’uso della donna come tangente, all’uso del suo corpo come fattore di scambio per ottenere lavoro, soldi, successo. Una donna è riuscita a tratteggiare con la forza di poche parole il quadro che stiamo osservando: “ciarpame senza pudore” . Questa donna è Veronica Lario. La reazione la ricordate? Una misoginia trasversale ai sessi ed agli orientamenti politici, tesa a punire la moglie ricca ed ingrata e a riproporre ciò che è ben presente nella nostra società e nei mass media: la rivincita verso la libertà femminile, lo scontro che ha nel corpo delle donne, nella loro autonomia, nella loro sessualità consapevole il vero campo di battaglia. Perché il primo parametro per valutare l’evoluzione di una società è la dignità e il rispetto riconosciuto alle donne.

C’ero in piazza perché so distinguere tra l’immagine caricaturale, la rappresentazione degli uomini e delle donne che emerge dai fatti di cronaca e gli uomini e le donne reali, perché la rappresentazione della realtà non può mutare la realtà stessa; c’ero perché sono cresciuto con una madre, con due sorelle, perché continuo a crescere con la mia compagna.

C’ero come uomo, per gridare a pieni polmoni che mi umilia questa bulimia sessuale maschile, questa atmosfera da nigth, che non sono un animale che necessita di uno sfogo con cui saziarsi, con cui scaricare lo stress, che quella incarnata da Berlusconi è una sessualità misera, che non è frutto di una relazione con un partner, con le sue emozioni, ma che si impone con denaro e potere.

C’ero perché c’è bisogno di una grande battaglia culturale e politica che tenga insieme la forza femminile e l’onestà maschile, c’ero e ho visto uscire da casa tanti uomini con una sciarpa bianca intorno al collo.

Victor Rasetto

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