Genova (Pegli). Luciano Paganetto, il 77enne ucciso questa mattina a coltellate dal figlio, era il patrigno e non il padre biologico dell’omicida. Lo dicono i vicini, Rosario Irrera e la moglie Rosa e lo conferma la squadra mobile. Dalle prime testimonianze degli inquilini del piano di sopra, emerge il ritratto di una famiglia normale, per bene. Anche se Luciano era ormai malato, costretto a spostarsi con la bombola di ossigeno, come testimonia il parcheggio riservato agli handicappati dove posteggiava di solito la sua auto.
“Vivevano qui da tanti anni e non hanno mai causato alcun problema – ha spiegato Rosario Irrera – Qualche volta abbiamo sentito delle grida ma erano normali litigi di famiglia”. E sempre a proposito delle grida, dicono ancora i vicini: “Sentivamo qualche volta gridare il patrigno per esortare il ragazzo ad uscire. Il figlioccio era molto schivo, salutava in modo educato ma non dava mai confidenza. Quando vedeva che qualcuno saliva con l’ascensore, lui prendeva le scale”. Se per i coniugi Irrera non si sono mai verificati episodi violenti, altri vicini hanno invece segnalato casi di esibizionismo da parte dell’omicida. Altri ancora raccontano di contrasti e litigi. “Sentivamo abbastanza spesso delle grida, Luciano lo sgridava”: così un’altra coppia di vicini della famiglia Paganetto ricorda numerosi e agitati contrasti tra l’omicida e la sua vittima. “Spesso Luciano rimproverava Damiano – spiega Giulio Rocca, anche lui al piano di sopra – Gli diceva di uscire di casa, di muoversi”. Ritorna spesso nel ricordo dei vicini quell’esortazione ad uscire, a muoversi, che il patrigno Luciano rivolgeva al ragazzo. E il triste esito: a quanto raccontano gli inquilini di via Ungaretti, Damiano usciva di casa ma si fermava subito dopo, e rimaneva seduto delle ore su una panchina fuori dal portone, se non veniva accolto dalla vicina di casa, la stessa che ha chiamato la polizia stamani dopo aver visto il sangue.