Gino Paoli: “A Genova non ci sono le palanche, ecco perché i talenti scappano via”

Genova. Sarà uno dei protagonisti di “De Scalzi’s restaurant”, lo spettacolo nato da un’idea di Vittorio De Scalzi e Gian Piero Alloisio che vedrà illustri esponenti della scena musicale, e non solo, ligure alternarsi sul palco tra canzoni, ricordi e narrazioni. Tutto, rigorosamente, in dialetto genovese. Ma Gino Paoli, quando sente affermare dagli altri di essere stato un precursore della canzone dialettale ligure, anche rispetto a un mostro sacro come Fabrizio De Andrè, tiene a precisare: “De Andrè ha fatto un’operazione che non riguarda tanto la canzone genovese quanto la creazione di una specie di canzone mediterranea. Io lo difesi a spada tratta quando uscì il disco, che venne stroncato dalla critica: scrissi un articolo in cui dicevo che invece il suo era uno dei migliori tentativi fatti nella musica, prendere questa componente araba, spagnola, orientale che c’è nel Mediterraneo e mettere tutto insieme, questo era il tentativo di Fabrizio. Non era tanto un discorso di “canzone genovese” quanto di “canzone mediterranea”, è questa la questione importante. Io invece feci questo disco genovese a imitazione napoletana, volevo fare delle ricerche, fare una sorta di “rimesciare” di tutto quello che era stato scritto a Genova. Io credo molto nel dialetto, credo più di ogni altra cosa sia l’espressione dell’anima di un territorio. Tutto ciò che in qualche maniera tende a valorizzare o conservare il dialetto secondo me è un fatto positivo.”

C’è poi una questione spinosa che da decenni caratterizza, in maniera non sempre positiva purtroppo, la scena culturale cittadina: l’esodo in massa degli artisti di talento verso altre realtà italiane, probabilmente più benevole nei loro confronti, soprattutto sul piano artistico. Su questa questione il cantautore ligure ha le idee ben chiare: “I talenti non è che scappano, partono per cercare uno sfogo. Genova è una città in discesa, ti scappa da dietro, o parti per il mare o parti con la fantasia, parti per andare a scrivere, a dipingere da un’altra parte, è difficile trovare sucesso qui. Non è facile – insiste Paoli – è una città che ha una sua particolare funzione, una funzione compressiva che poi ti fa scoppiare. Noi spesso pensiamo ai cantautori, ma cosa dire allora di Germi, Gassman, Villaggio, Caproni, Sbarbaro, Montale, chi sono loro, nessuno? C’è una serie di talenti straordinari per i quali però il fatto di esseri genovesi ha contato poco. Montale era a Milano che faceva il giornalista per il Corriere della Sera, Caproni è andato a insegnare nelle scuole a Roma. Qui si fermavano, credo che anche le cose negative abbiano una funzione positiva, e questa incapacità di far sviluppare talento provocava una compressione tale per cui il talento poi si esprimeva”.

Paoli conclude l’intervento raccontando delle sue esperienze personali come artista in quel di Genova: “Tutte le volte che mi hanno proposto di fare qualcosa io mi sono messo al lavoro, poi quando si arrivava alle “palanche” non ci sentivano più”.

Samanta Chittolina – Alberto Maria Vedova

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