Genova. Germano Graziadei, l’ingegnere di 43 anni accusato di aver ucciso la compagna 44enne Paola Carosio la notte dell’11 dicembre scorso nel loro appartamento a Nervi, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
In carcere è stato ascoltato dal gip Adriana Petri, la quale ha convalidato l’arresto ed emesso la misura di custodia cautelare, come già domandato dal pm Francesco Albini Cardona.
Secondo il gip sono numerosi gli indizi di colpevolezza che gravano sull’uomo: alla luce di numerose testimonianze rilasciate dopo il delitto di via Burano, infatti, sembrerebbe che Graziadei abusi abitualmente di sostanze alcooliche che contribuiscono in maniera consistente a fargli perdere il controllo delle sue azioni, rendendolo socialmente pericoloso.
Non è forse un caso che la notte stessa dell’omicidio i medici del pronto soccorso abbiano riscontrato altissimi valori di alcol nel suo sangue, e che, in passato, l’accusato risulti coinvolto in guai giudiziari per guida in stato di ebbrezza.
Graziadei avrebbe fornito al pm la sua versione dei fatti, ovvero che la donna avrebbe cercato di suicidarsi impiccandosi all’asta della tenda della vasca da bagno con una striscia di spugna perché malata di depressione. Questa tesi è stata smentita dal medico legale Marco Salvi dopo l’autopsia, dichiarando che le ecchimosi riportate sul collo della vittima sono più compatibili ad uno strangolamento che ad un tentativo di impiccagione. Il dottore esclude che Graziadei abbia ucciso la compagna a mani nude, mentre è verosimile che lo strangolamento sia avvenuto utilizzando la striscia di spugna visti i segni non troppo profondi presenti sul corpo della vittima.
Inoltre, l’ingegnere aveva detto al pm che aveva cercato di salvare la compagna chiamando subito 118. Una volta giunti i soccorritori, però, Paola Carosio era già agonizzante.