Genova. Il movimento studentesco che sta conducendo la protesta nei confronti della cosiddetta riforma Gelmini dell’università aveva preannunciato nei giorni precedenti azioni differenti e imprevedibili. Le violenze di Roma avevano ricevuto la condanna compatta da tutto il panorama politico, oltre alla riprovazione di parte dell’opinione pubblica, offrendo il fianco a critiche di varie natura che ribaltano i nodi della questione dal merito al metodo.
Anche a Genova ci si poteva aspettare di tutto, immaginare idee innovative attraverso cui manifestare ed esprimere la propria opinione. Il movimento studentesco ha scelto la più scellerata, la meno proficua, la più inspiegabile: l’assalto al SecoloXIX in Piccapietra.
I mezzi di informazione hanno molte colpe, compiono molti errori, talvolta anche in maniera smaccata e volontaria. Ma se la lotta che il movimento studendesco sta effettuando, come sembra, non è solo una battaglia che ha obiettivi specifici e diretti, ma è anche una battaglia di simboli, un’azione prima di tutto culturale, prendersela con la stampa, prendersela con i mezzi di comunicazione è il più grande errore che si possa compiere. Qualsiasi libertà cui i giovani studenti aspirano, qualsiasi futuro vogliano costruire, passa necessariamente dalla libertà dei mezzi di informazione.
In questi giorni nel genovese tutti i media locali stanno cercando di rendere voce e visibilità a queste proteste. Tutti stanno facendo cronaca e si stanno interrogando sui motivi per i quali molti giovani stanno scendendo in piazza. Allo stesso tempo l’informazione deve anche dare voce a chi sostiene questa riforma, a chi si schiera contro i manifestanti. Ciò non toglie che il lavoro effettuato nella copertura informativa data alle manifestazione rimanga importante e prezioso anche e soprattutto per il movimento studentesco stesso.
Sono questi i motivi che ci portano a condannare gli atti accaduti ieri in piazza Piccapietra, esprimendo al contempo la solidarietà e la vicinanza sia alla prestigiosa testata genovese coinvolta, sia ai colleghi che lavorano in redazione.
La Questura in queste ore sta indagando sui responsabili e attraverso l’uso di alcuni filmati delle telecamere utilizzate nei pressi si potrebbe arrivare all’identificazione di almeno alcuni di loro, per quanti molti avessero il volto coperto. I media continueranno a fare cronaca, continueranno a raccontare gli striscioni e i colori di questa protesta, continueranno a porgere i microfoni agli studenti che vorranno spiegare i motivi della protesta. Non potranno però far altro che condannare e stigmatizzare gli atti di violenza.
Nell’ultimo meraviglioso libro del sociologo Nando dalla Chiesa “La convergenza”, la dedica è “a chi fa il suo dovere”. Nulla di più centrato. Dobbiamo far sì che tutti collaborino affinchè ciascuno possa fare il proprio dovere: che gli studenti reclamino i loro diritti, che i poliziotti mantengano l’ordine pubblico e che i media informino.