Genova. Secondo gli avvocati genovesi Marcello Lucchese e Alessandro Cecon, difensori di tre prostitute multate dopo l’entrata in vigore dell’ordinanza del sindaco Marta Vincenzi, l’abbigliamento e l’atteggiamento di una “graziosa” non sono molto diversi da quanto si può vedere alla tv.
Questa la tesi sostenuta dai due legali, che hanno depositato un ricorso in prefettura per chiedere l’annullamento di alcune multe contestate alle loro clienti in virtù dell’ordinanza che prevede sanzioni per prostitute e clienti.
L’ordinanza, entrata in vigore il 12 novembre, secondo i legali, non è legittima perché “basata sul dm del 5 agosto 2008 sull’incolumità pubblica, di per sé illegittimo”. Gli avvocati contestano la “mancanza di una specifica disciplina ministeriale in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana”. Poi aggiungono che c’é anche un contrasto normativo che riguarda la lesione del principio d’uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione: cliente e prostituta sarebbero discriminati attraverso misure di limitazione della libertà individuale che può essere esercitata solo “per quel tanto strettamente necessario a garantirla”.
Infine sottolineano il concetto di ‘buon costume’: “si profila – scrivono – un quesito sull’indice di scandalosità che atteggiamenti e abbigliamento debbano possedere per integrare o no un adescamento. Oggi, come testimoniano gli spettacoli in tv, è impossibile concepire una minaccia al pubblico decoro da questo punto di vista. Potendosi eccepire che i modelli televisivi non varrebbero ad escludere l’antigiuridicità, avendo gli stessi vestiti, movenze o pose una valenza diversa per strada, dove non si rientra nel campo artistico. Ma ci si accorge che vi è una rigorosa corrispondenza tra standard televisivi e contegno sociale”.