Genova. Basta annusare l’aria del carcere e anche un orco cattivo diventa un timido agnellino. A un mese dal suo arresto Ivan Bogdanov, il capo degli ultras serbi, viene definito “un orsacchiotto”.
Al carcere di Pontedecimo riceve lettere dai suoi fan, anche bambini, ricambia con foto autografate, si allena in palestra, si lava la biancheria tutte le sere ed arrossisce se vede una sua foto pubblicata. Ora Ivan aspetta con ansia di tornare a casa. Almeno per Natale, per poter vedere la tavola imbandita e riabbracciare la mamma, che non sente da quando è detenuto.
“Siamo andati a trovarlo ieri – dicono i suoi difensori Gianfranco Pagano e Alessandra Baudino – ed era un po’ giù. Ha capito che i tempi per la sua espulsione si sono allungati e la notizia lo ha un po’ depresso. Oggi o domani sentirà sua madre, che è molto preoccupata”.
Bogdanov non ha mai creato problemi in carcere: l’unico suo cruccio è la “politick”, come ripete al suo avvocato. “Secondo lui – spiega Pagano – i tempi così lunghi per la sua espulsione sono un problema politico: nessuno si vuole assumere la responsabilità di metterlo fuori”.
Ivan è in cella con altri tre serbi arrestati la notte tra il 12 e il 13 ottobre: guardano molto la tv e trascorrono le ore a chiacchierare. Ogni tanto Ivan si allena nella palestra del carcere, o nel cortile, quando c’é l’ora d’aria.
Durante gli incontri con i suoi avvocati, Bogdanov ride, scherza, si informa. “E’ il cliente ideale – afferma l’avvocato Baudino -. E’ remissivo e ascolta molto, si fida di quello che gli diciamo”. Adesso però si è lamentato perché è costretto ad indossare sempre gli stessi indumenti. Ogni giorno prende sapone e bacinella e lava la biancheria, per avere il cambio.
Nelle scorse settimane, un ragazzo di Taranto gli ha inviato una lettera: “Sei il massimo, sei la fierezza del popolo serbo. Se ti serve, ti offro la mia casa per i domiciliari”. Una ragazza serba, che vive a Firenze invece, si è offerta come traduttrice, “per qualsiasi traduzione e gratis”.