Genova. Era il giorno del controinterrogatorio o “dell’esame” dell’imputato, come lo ha definito il pubblico ministero. Giovanni Antonio Rasero si è presentato in aula, gremita come sempre da giornalisti, familiari e curiosi, e ha risposto alle domande dei suoi avvocati per quasi tre ore. Ha ricostruito l’evolversi della sua relazione con Katerina Mathas, conosciuta sono qualche settimana prima della tragedia.
Una relazione basata sulla droga e non su altre motivazioni come chiarisce lo stesso imputato: “A me della Mathas non importava, la ragione per cui la frequentavo era la cocaina, e se capitava il sesso”. La difesa ha voluto ricostruire minuziosamente i fatti accaduti nelle prime due settimane di marzo, che hanno portato alla mattina del 16, quando venne ritrovato il cadavere del figlio della Mathas, Alessandro.
La frase che Rasero ha ripetuto più volte è stata “la Mathas era uscita a comperare cocaina” e “la Mathas aveva fatto uso di cocaina”. La difesa ha puntato molto nel dipingere la donna come una madre poco attenta alle cure del figlio. “La Mathas, la seconda volta che ci siamo visti, mi chiese se potevo tenergli il bambino per la notte – ha raccontato Rasero, che ha parlato anche di altri episodi di leggerezza – Un pomeriggio lasciai la Mathas in macchina per recarmi a salutare dei miei amici in un locale, 10 minuti dopo tornai verso l’auto e vidi dei ragazzi giocare con Alessandro mentre la Mathas era andata in bagno in un bar adiacente, le feci una scenata chiedendole come poteva lasciare il figlio a degli sconosciuti”.
Altre volte la Mathas aveva lasciato il bambino a Rasero, senza cibo o il necessario per le cure: pannolini, cambi d’abito o cibo. L’uso della cocaina, di mariujana, le uscite e le telefonate ad orari impossibili, specialemnte quando si deve “portare in giro” anche un bambino di otto mesi, si susseguono a ritmo incredibile, soprattutto se si pensa che la ricostruzione è riferita ad un periodo di soli 10 giorni. Un bambino sballottolato da una persona a un altra, cercando molto spesso di “affidare” le cure del piccolo anche a persone con scarsa esperienza.
Ma è un particolare che ha fatto comprendere la stranezza e l’irresponsabilità dei due nelle cure del bambino ed è emersa a seguito di una precisa domanda del giudice, che ha chiesto se venivano posizionati dei cuscini di protezione quando il bambino veniva fatto dormire sul divano, nello specifico in riferimento alla notte tra il 15 e il 16 marzo 2010. La risposta di Rasero è stata un secco: “No, mai”.