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Liguria, Cgil: “Dieci anni per uscire dalla crisi”

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Genova. “Dieci anni: è questo il tempo necessario alla Liguria per uscire dalla crisi”. È quanto dichiarato questa mattina da Bruno Spagnoletti, responsabile dell’Ufficio Economico della Cgil ligure a margine della presentazione del rapporto “Le tendenze dell’economia e le dinamiche dell’occupazione in Liguria nel 2010”. L’incontro organizzato dalla Cgil ha fotografato lo stato di salute della nostra regione in ordine all’andamento dei settori economici e dell’occupazione.

“Non si tratta di catastrofismo – ha spiegato Spagnoletti – ma di considerazioni che si basano su dati oggettivi. La Liguria è entrata più tardi nella crisi e probabilmente ne uscirà più lentamente e meno bene delle altre regioni del nord ovest”. I dati sono piuttosto chiari: il nostro PIL allo 0,7 per cento è più basso sia di quello del nord ovest (1,0 per cento) sia di quello nazionale (1,2 per cento). Scende ancora l’industria, motore e volano per gli altri settori economici; il comparto si sta’ progressivamente marginalizzando con un risicato 11 per cento, seguito peraltro a ruota dall’edilizia dove gli investimenti sono fermi da almeno 3 anni.

“Non solo. A differenza degli anni passati si assiste a processi nuovi che coinvolgono realtà sinora non toccate dalla crisi come il trasporto pubblico locale o i settori della cultura e della conoscenza. Il tutto si ripercuote sulla quotidianità delle famiglie, con la contrazione dei consumi alimentari, l’aumento dei prestiti ai nuclei familiari al 10 per cento e probabilmente anche con l’impennata delle sofferenze bancarie che aumentano del 20% – continua Spagnoletti – Del resto i dati sull’occupazione non lasciano spazio a interpretazioni: i disoccupati sono 38 mila e rispetto al periodo pre crisi, ossia settembre 2008 raffrontato a settembre 2010, si calcola che in Liguria si siano persi 21 mila posti di lavoro, distribuiti piuttosto equamente tra lavoro dipendente e autonomo. Tra l’altro, le stime elaborate dall’Ufficio Economico, parlano di un tasso di disoccupazione ligure “corretto” pari al 10,9 per cento, con un aumento dell’1,6 per cento”.

Le aziende che hanno usufruito della cassa integrazione sono circa 1.300, la maggior parte delle quali (1.059) in deroga, 40 quelle attualmente in straordinaria e le restanti 200 circa in ordinaria. A differenza della cassa ordinaria e della straordinaria che in linea con il Paese sono diminuite, in Liguria si è assistito ad una impennata della deroga che cresce in forme esponenziali, registrando un aumento di 3.429.929 ore e una variazione percentuale del 208,6 per cento.

Ed è proprio sull’occupazione che gli effetti della crisi si manifestano nella maniera più preoccupante “Leggendo ed interpretando i dati – continua Spagnoletti – le poche future assunzioni vedranno la predominanza di contratti a tempo determinato con una percentuale del 65,2 per cento, il 5,2 per cento di apprendistato e solo il 27,9 per cento di assunti a tempo indeterminato”.

Renzo Miroglio, segretario generale Cgil Liguria così sintetizza le valutazioni sullo stato di salute dell’economia in Liguria: “Se si mettono insieme i dati sulla bassa crescita, che significa stagnazione, con i dati sulla CIG e dell’occupazione reale che vedono incrementare i disoccupati strutturali, con i dati sugli avviamenti al lavoro che parlano di riduzione al minimo dei contratti a tempo determinato e di aumento della precarietà, si ha un quadro molto preoccupante per le prospettive della nostra Regione. Peraltro sia i processi industriali in corso che riguardano ciò che resta della grande impresa, sia il taglio alle risorse alle Regioni per sostenere investimenti e servizi, sia i tagli a cultura, ricerca e formazione fanno pensare ai prossimi mesi come periodo di grande tensione sociale. Occorre sia chiaro a lavoratori e cittadini che Comuni Province e Regioni non potranno rimediare, se non parzialmente, ai guasti prodotti dalle scelte sbagliate operate dal governo nazionale: solo con una radicale inversione di rotta nella politica economica e sociale nazionale si può sperare di uscire più rapidamente dalla crisi. Sostegno ai consumi ridistribuendo il prelievo fiscale a favore di lavoratori e pensionati; tassazione delle transazioni finanziarie per finanziare investimenti in infrastrutture; imposta sulle grandi ricchezze e lotta serrata all’evasione per sostenere ricerca, formazione e politiche industriali che innovino e qualifichino le produzioni, anziché ricercare la competitività riducendo salari e diritti dei lavoratori. Sono solo alcune delle cose prioritarie da fare. E’ possibile, è urgente, è necessario.”

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