Genova. Dopo le rappresentazioni saltate lo scorso anno per sciopero. Torna al Teatro Carlo Felice la Carmen di Bizet. Con la regia di Davide Livermore, già apprezzato per il Billy Budd appena concluso, che ha spostato la storia ai giorni della rivoluzione cubana: una scelta controcorrente, ma motivata dall’aver individuato un equivalente novecentesco dell’atmosfera conflittuale già presente nella trama originale. Debutto l’8 maggio, repliche il 9 (ore 15.30), 10 (ore 15.30), 12 (ore 15.30), 15 (ore 20.30) e 17 (ore 15.30). Lo spettacolo dura circa 3 ore e 20 compresi gli intervalli.
Primo cast con protagonisti Sonia Ganassi e Francesco Meli. Il direttore è Philippe Auguin.
I biglietti costano da 32 a 80 euro. Per la replica del 9 maggio da 25 a 63.
Il pubblico dell’Opéra-Comique di Parigi, il 3 marzo 1875, prese una delle più clamorose cantonate nella storia dell’opera lirica: non capì che Carmen era un capolavoro senza precedenti e la fischiò. La sala fu scioccata dalla passionalità e dalla violenza della vicenda (che l’esperta coppia di librettisti Halévy e Mehilac aveva ricavato dall’omonima novella di Mérimée) e si spaventò davanti all’incontenibilità del carattere di Carmen, archetipo della futura femme fatale teatrale e cinematografica.
Il contesto in cui si muovono i protagonisti non aiutò: per la prima volta si ascoltavano arie, duetti, quartetti, cori cantati da zingari, ladri, sigaraie, toreri e contrabbandieri; un universo sociale emarginato e di malaffare che non sembrò degno di calcare un palcoscenico operistico. Carmen fu un vero scandalo, insomma, che riempì la sala per quarantacinque repliche consecutive solo perché l’avversione generale si mescolò a una curiosità morbosa.